Un nuovo modello per la pianificazione strategica in università Stampa

In tutti i principali Paesi del mondo le università attraversano un periodo di forte trasformazione, le cui ragioni profonde vanno ricercate essenzialmente in due fenomeni. Primo. La tendenza verso una più agguerrita competizione tra imprese e tra sistemi territoriali differenti genera una maggiore pressione sulle università cui, in poche parole, si chiederà sempre di più in termini qualitativi e quantitativi. sia nella formazione sia nella ricerca. Secondo. Tutto ciò avverrà in una dimensione globalizzata. E cioè in un grande mercato della conoscenza in cui le barriere territoriali non necessariamente proteggeranno gli attori locali. Non deve stupire ad esempio che la New York University apra una propria struttura ad Abu Dhabi, o che sei università nord americane avviino iniziative specifiche in paesi come il Qatar, o ancora che quasi tutte le università occidentali abbiano accordi di collaborazione con università cinesi o indiane.

Si propone alle università un modello per progettare la loro specifica strategia, perché ogni singola università dovrà diventare, se già non lo é, un attore strategico in grado di fronteggiare con competenza e consapevolezza il contesto competitivo. Il passaggio è epocale e nei fatti va ben oltre le università, poiché interessa e coinvolge direttamente il tessuto economico di ciascun territorio e, in primo luogo, le imprese e le relative associazioni imprenditoriali. Infatti, nello scenario che si sta delineando, la posta in gioco è così alta che l'avvicinamento tra università e sistema produttivo non può limitarsi a un incontro, pur fondamentale, tra domanda e offerta di servizi avanzati, ma deve spingersi oltre, verso una partecipazione attiva delle imprese nella definizione di alcune scelte di fondo, che troveranno appunto nella pianificazione strategica la loro espressione e sintesi.

In Italia si è ancora in una fase iniziale, ma già si vedono alcune realtà già operative sul territorio. Anche nel mondo delle università statali come ad esempio a Vicenza il Polo Scientifico didattico "Studi sull'Impresa", fondato dall'Università degli Studi di Verona insieme alla Fondazione Studi Universitari di Vicenza, nel quale il governo è affidato ad un Comitato di coordinamento in cui siedono universitari e rappresentanti del territorio. La sfida che i sistemi universitari nazionali devono oggi affrontare è molto impegnativa, perché, in ultima analisi, e la sfida che investe i Paesi in quanto sistemi complessi: dare un senso al futuro e creare la conoscenza, a tutti i livelli, per procedere nella direzione scelta. Ma se ciò può sembrare altisonante, non va dimenticato che la qualità strategica delle università impatta direttamente sulle imprese, perché contribuisce (bene o male) allo sviluppo delle conoscenze e delle capacità di innovazione: e tutto ciò è destinato ad avere effetti significativi sulla produttività dell'intero sistema economico.

Un recente studio. commissionalo dalla CRUI a TEH-Ambrosetti, ha stimato che se il gap di produttività con i principali Paesi concorrenti (ad esempio la Francia) fosse colmato anche parzialmente, l'impatto positivo per l'Italia si tradurrebbe in una crescita aggiuntiva cumulata equivalente a oltre 11 punti di Pil potenziale (rispetto al Pil potenziale di partenza nel 2009), che a valori del 2009 corrisponde a oltre 15 miliardi di Euro. La singola istituzione universitaria sarà chiamata, pur all'interno di cornici legislative, a compiere scelte su ciò che intende diventare e su come ritiene possibile realizzare i proprio obiettivi. Fare strategia significa per l'appunto scegliere cosa raggiungere e come, in un contesto di tipo competitivo. Occorre innanzitutto acquisire questa consapevolezza: quando la pressione competitiva aumenta, e questo e il caso, la risposta non può che essere strategica. Contestualmente è necessario compiere un ulteriore sforzo. Le strategie possono essere buone o cattive, stupide e intelligenti, vincenti o perdenti, secondo la qualità di chi le elabora. Detto ciò, le strategie andrebbero progettate secondo alcuni criteri che possiamo definire di tipo tecnico, il cui compito consiste nel massimizzare la probabilità che le scelte assunte siano corrette e che l'organizzazione sia in grado di realizzarle. Gestire un processo di elaborazione strategica richiede, oltre che consapevolezza, anche conoscenza tecnica ed esperienza, mentre è ben chiaro il pericolo costituito da improvvisazione o disordine metodologico.

(Fonte: A. Beretta Zanoni e P. Borzatta, HarvardBusiness 31-05-2011)