IL COMPLESSO PROBLEMA DELLA CARENZA DI MEDICI Stampa

La attuale normativa che regola il mondo universitario (l. 240/2010) con il tempo ha mostrato serie lacune, soprattutto nelle regole del reclutamento universitario e, a tutt'oggi, il rapporto tra SSN e Università è governato dal d.lgs. 517/1999, che necessita di una vigorosa riforma. Per esempio, tale decreto, di 11 anni anteriore alla c.d. riforma Gelmini, e, pertanto, non in linea con la stessa, non impone ai Dipartimenti Universitari, attuali titolari della proposta di programmazione universitaria, di allinearsi alle esigenze del Ssn, con il rischio che i reclutamenti e le progressioni dei docenti universitari non avvengano tenendo conto anche delle esigenze assistenziali. Le conseguenze sono che il sistema sanitario non può rivendicare la necessità della maggiore presenza, presso le strutture sanitarie di riferimento, di alcune discipline o, nell'ambito delle stesse, di alcuni ruoli; d'altro canto il docente, al di fuori di una programmazione congiunta tra Università e SSN, potrebbe non avere uno spazio congruo per la didattica e la ricerca all'interno del sistema sanitario, aspetti essenziali per una adeguata formazione dei nuovi medici e per il miglioramento del sistema in generale, visto il ruolo strategico che, nello sviluppo di un Paese, riveste, o dovrebbe rivestire, sia la ricerca che la formazione. Altra vera causa di crisi è la necessità di riforma del sistema sanitario attuale. La risorsa medica è una variabile strettamente dipendente dall'organizzazione. Un sistema ospedalocentrico ha più bisogno di certe discipline, un sistema che punta di più sulla dislocazione dei servizi sul territorio ha maggiormente bisogno di medici di medicina generale e, contestualmente, di nuovi ruoli delle altre professioni sanitarie. Disegnare una programmazione integrata tra Università, SSN, Regioni per la formazione dei medici, senza pensare di ridisegnare l'intero sistema, appare fortemente limitativo. La difficoltà di reperimento dei medici è maggiore in quelle discipline maggiormente esposte a rischi medico-legali (medici d'urgenza, ginecologi, ortopedici, neurochirurghi, chirurghi vascolari, radiologi interventisti). Occorre recuperare la frattura culturale tra medico e paziente, insistere sul miglioramento dei processi di comunicazione, attuare la legge 24/2017 sulla responsabilità professionale sanitaria, attraverso l'emanazione dei decreti attuativi mancanti e il miglioramento del sistema delle linee guida, aprire un serio dibattito culturale sugli aspetti che la deontologia medica comporta, in termini di relazioni e di libertà responsabile di cura. D'altronde, il sistema pubblico paga poco e, in aggiunta, non è in grado di garantire progressioni di carriera che quanto meno compensino il basso livello retributivo. (Fonte: T. Frittelli, quotidianosanita.it 02-09-18)