La diminuzione di iscritti e laureati Stampa
Diminuiscono innanzitutto le matricole. Nel 2003 erano stati il 74,5%, oltre 7 su 10, i diplomati che avevano deciso di proseguire gli studi e iscriversi all’università. Nel 2008/2009 - dopo una serie di diminuzioni progressive - siamo al 66%, il 2% in meno rispetto all’anno precedente. E i dati provvisori del 2009/10 registrano ancora un calo: i diplomati che si trasformano in matricole sono il 65,7%. Spiega Luigi Biggeri, presidente del CNVSU: «Una volta si cercava nella laurea la promozione sociale, ora ci si è resi conto che proseguire gli studi nella maggior parte dei casi non permette di fare alcun salto di classe sociale». E quindi ormai meno di un diciannovenne su due si iscrive all’Università. Negli ultimi anni questo dato è stato in continua diminuzione: se nel 2003-2006 si era ancora intorno al 56%, nel 2007/08 si era già scesi al 50,8%, e nel 2009/2010 siamo al 47,7%. «L’università italiana manifesta pertanto una ridotta capacità di attrarre i diciannovenni, rispetto a quanto accade in altri paesi», commenta il CNVSU. «E’ il fallimento di questo modello di università - spiega Biggeri - ma anche del mercato del lavoro e della capacità di creare lavoro da parte delle imprese». Dove c’è occupazione i giovani non perdono tempo a iscriversi all’università. «L’Indicatore di proseguimento degli studi dalla scuola superiore all’università presenza, infatti, differenze tra le varie provincie: i valori più alti si hanno nelle provincie di Teramo, Bologna, Isernia e Rieti - con oltre 80 immatricolati ogni 100 maturi -, mentre i valori più bassi si registrano nelle provincie di Catania, Sondrio e Vercelli - con una percentuale d’immatricolati sui maturi tra il 40% e il 50%».
(F. Amabile, La Stampa 27-01-2011)