Altre critiche all’indice di Hirsh Stampa
L’associazione Virtual Italian Academy ha stilato una classifica delle migliori università italiane basandosi sull’importanza dei ricercatori italiani che ci lavorano. Per fare questo ha utilizzato il cosiddetto Indice H (indice di Hirsh). Innanzitutto la lista dei “Top Italian Scientists” non è completa, poi non si capisce il motivo per cui si debba fare una classifica delle università italiane senza prendere in considerazione i professori che non hanno il passaporto italiano. Inoltre alcuni sostengono che la classifica dovrebbe essere ordinata come Indice H medio e non come somma totale. La classifica sarebbe poi un po’ falsata a favore delle università orientate alla medicina per il fatto che i ricercatori dell’ambito medico-biologico hanno notoriamente un Indice H molto più alto di eminenti studiosi di altre discipline. Ci sono poi tutta una serie di critiche che riguardano lo stesso Indice H: è molto alto per gli studiosi più anziani a discapito di ricercatori magari più bravi ma più giovani e quindi con meno anni di carriera alle spalle; l’indice H è influenzato dalle autocitazioni nelle pubblicazioni; non tiene conto del numero degli autori in una pubblicazione, col risultato che poi si vedono pubblicazioni con 50 autori, dei quali sicuramente non tutti hanno partecipato alla ricerca; l’Indice H inoltre non considera il contesto delle citazioni, per cui se paradossalmente una pubblicazione è citata come erronea o come frode accademica lo studioso autore dell’errore vede aumentare il suo indice; e qui mi fermo ma si potrebbe continuare. In ogni caso la lista è stata stilata così, logicamente non rappresenta uno specchio assoluto dell’efficienza universitaria, ma può essere considerata per quello che è: un ottimo punto di riferimento per verificare la bontà del personale di ricerca all’interno delle singole università.
(università.net 13-01-2011)