Riforma Gelmini. Le questioni tecnico-giuridiche sollevate dal Presidente della Repubblica Stampa

In merito alle questioni tecnico-giuridiche sollevate dal Quirinale, la prima riguarda l'art. 6 del ddl relativo al titolo di professore aggregato e alle modalità di attribuzione di tale titolo ai ricercatori a tempo indeterminato. Il Quirinale chiede di fare un «miglior coordinamento formale» e, se del caso, sopprimere il comma 5 dell'articolo in questione, che permette di conservare il titolo di professore aggregato per l'anno accademico in cui i ricercatori svolgono corsi e moduli, oltre che nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto l'anno d'insegnamento. Si tratta di una «svista» della Camera, spiega la relatrice a Montecitorio del ddl Paola Frassinetti, di una ripetizione di due commi, che prima abrogano una parte della legge 230 del 2005 sul reclutamento dei docenti universitari, poi la richiamano. Sotto questo aspetto, forse, aggiunge, lo strumento normativo più opportuno per fare la correzione chiesta dal Colle «potrebbe essere un decreto interpretativo ad hoc. Ma anche una norma interpretativa inserita in sede di conversione del decreto Milleproroghe».

Il Colle ha puntato poi il dito anche contro l'art. 4, e in particolare contro la previsione che riserva il 10% dei premi per merito agli studenti residenti nel luogo in cui ha sede l'università. La norma è stata voluta dalla Lega ed è politicamente la più "delicata". È stato il governatore del Piemonte, Roberto Cota tra i primi a sollevare il problema che nelle università dove è maggiore la presenza di studenti fuori sede, i residenti sono penalizzati. Argomentazioni bocciate dal Colle secondo cui invece la previsione di una riserva basata sul criterio dell'appartenenza territoriale appare «non pienamente coerente con il criterio del merito». E c'è già chi, come la senatrice Pd ex vice ministro dell'Istruzione, Mariangela Bastico parla di «norma incostituzionale» e che «disincentiva la positiva mobilità geografica degli studenti».

Delicata anche la questione sulla "nuova" disciplina dettata per i lettori di scambio all'articolo 26, che Napolitano chiede di formulare «in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato orientamento della corte costituzionale». In pratica, i lettori internazionali hanno fatto causa perché gli spettavano gli arretrati. La legge ora garantisce i diritti arretrati, ma in una certa misura e con una limitazione rispetto a quanto richiesto dai lettori stranieri.

Da correggere infine, secondo il Colle, pure l'articolo 23, che disciplina i contratti d'insegnamento per esperti. Il punto contestato da Napolitano riguarda la previsione di un reddito minimo annuo (non inferiore a 40mila euro) tra i requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale per ottenere il contratto. Una norma voluta, spiegano fonti ministeriali, per evitare forme di precariato: non utilizzare giovani che non lavorano, come del resto chiesto anche da un emendamento del Pd. Norma però di difficile applicazione e bocciata anche dal sen. Valditara: prevedere il limite di 40mila euro per un dipendente della pubblica amministrazione chiamato con contratto a insegnare è «ridicolo».
(Il Sole 24 Ore 03-01-2011)