NECESSARIO IL MIGLIORAMENTO DELLE UNIVERSITÀ DEL SUD Stampa

Sul suo blog sul New York Times, il premio Nobel per l'Economia Paul Krugman si interrogava sui fattori che determinano il successo, nel tempo lungo, delle città e delle regioni. A suo giudizio, tra gli elementi sempre presenti nelle vicende di città e regioni che sono riuscite a conquistare e a mantenere nel tempo una buona posizione competitiva e un buon livello di reddito per i propri cittadini, c'è la presenza di un'istituzione universitaria. Nel tempo, il contributo che una università dà allo sviluppo economico della città e della regione in cui è insediata è fondamentale: attraverso l'insegnamento (e quindi una cittadinanza più colta e una forza lavoro più qualificata), la ricerca, sia di base che applicata a questioni specifiche, l'interazione con il territorio e le imprese. Questa riflessione vale moltissimo per le città e le regioni dell'Europa a un livello intermedio di sviluppo, e quindi per il Mezzogiorno: solo investendo in formazione, in conoscenza e in ricerca possono essere in grado di sviluppare un'economia diversificata e sana, in grado di tenere testa alla concorrenza dei paesi emergenti e di offrire lavoro ai propri giovani. Le università del Sud hanno, ancor più di quelle del resto del paese, e come tante istituzioni pubbliche, necessità di miglioramento. Ma la politica attuale tende a far somigliare il sistema universitario più al modello inglese (con poche sedi ottime, spesso per gli studenti più abbienti, e altre più modeste) che a quello tedesco, che mira ad una elevata qualità in tutte le città e tutte le regioni. Allora che fare delle università del Sud, chiuderle o metterle, soprattutto grazie a nuove risorse umane, in condizioni di rafforzarsi? Come e quando, visto che i meccanismi messi in atto producono effetti a cascata? Le domande, in fondo, sono semplici. Le conseguenze delle risposte sono decisive per il Mezzogiorno. Che, non dimentichiamolo mai, è l'area europea con la più bassa percentuale di laureati sulla popolazione giovane e in cui si investe sull'università meno di un terzo, procapite, di quanto si faccia nell'ex Germania Est. E che per questo ha un bisogno fortissimo di investimenti di qualità sulla formazione dei cittadini, sulla ricerca, sul trasferimento tecnologico. «È un lavoro lungo da fare e su cui ci vuole un piano integrato con un impegno forte da parte del governo e degli enti locali, per fare in modo che le università del Mezzogiorno possano essere un riferimento solido per i propri ragazzi». Senza un «piano integrato», insomma, non si riusciranno a «vincere - ha concluso il presidente della CRUI - anche una serie di diseconomie di contesto, legate alle minori opportunità di inserimento lavorativo che esistono nel Mezzogiorno e che spesso allontanano i nostri giovani». (Fonte: G. Viesti, M. Esposito, Il Mattino 23-01-18)