La riforma in evaporazione Stampa

La riforma dell'Università slitta ancora una volta e adesso lega il suo destino a quello (incerto) del governo. La conferenza dei capigruppo del Senato ha deciso che il disegno di legge Gelmini arriverà in Aula solo dopo il 14 dicembre, giorno in cui Berlusconi si presenterà alle Camere per chiedere la fiducia. Ma nessuno sa se dopo quel giorno governo e maggioranza ci saranno ancora. (Corsera 03-12-2010)

Introdurre elementi di competizione fra gli atenei, distribuire una parte delle risorse in base al merito, sottrarre potere alle corporazioni: sugli obiettivi della riforma dell'università esisteva fino a poco tempo fa un consenso molto ampio. Che sembra ora evaporare via via che l'attenzione si sposta sull'inadeguatezza o la contraddittorietà degli strumenti individuati per realizzarla e le parole d'ordine si fanno sempre più ideologiche.

Se la riforma non sarà approvata, i propositi di modernizzazione saranno abbandonati e prevarrà la conservazione dello status quo. (lavoce.info 03-12-2010)

L'eventualità di un rinvio nella discussione al Senato della riforma dell'università espone il sistema universitario italiano a un rischio gravissimo, per due ragioni fondamentali. Da un lato, l'università perderebbe 300 milioni, inseriti nella legge dopo l'accordo con il Ministero dell'Economia. Da un altro lato, í giovani ricercatori vedrebbero svanire la possibilità, a lungo attesa, di poter concorrere ai traguardi di carriera che meritano, all'interno di un sistema meritocratico. È il momento delle scelte responsabili. (ItaliaOggi 03-12-2010)

Dunque la legge che ancora due giorni fa provocava una rivolta nazionale, battaglie di piazza, scontri con la polizia, è stata archiviata e posposta da un parlamento che praticamente è chiuso. Tutto ciò è molto poco dignitoso. E confessiamo di provare una certa simpatia per il ministro Gelmini, che almeno ha avuto il coraggio di condurre questa battaglia, e che ora deve abbozzare fingendo di sperare che la sua legge possa almeno diventare l'ultima riforma, l'epitaffio del governo Berlusconi. Tra l'altro il ministro segnala che senza l'approvazione rapida del disegno di legge «non si potranno bandire posti da ricercatore, non potranno essere garantiti gli scatti di stipendio, non saranno banditi nuovi concorsi». Cioè l'Università resterà ferma, com'era prima che tutto questo ambaradan cominciasse. Si può essere a favore o contro quella riforma, ma non si può non essere tutti contro questa ineluttabile tendenza alla paralisi del nostro sistema politico che gli italiani pagano a prezzo sempre più salato. (Il Riformista 03-12-2010)

E’ stato deciso di rinviare il tutto al dopo-fiducia. Ovvero, a data da destinarsi. D'altra parte, sul piatto c'era la legge di stabilità (che prevede un incremento di 800 milioni al fondo ordinario dell'università, 100 milioni di credito d'imposta alle imprese che investiranno in ricerca, 100 milioni in prestiti d'onore e borse di studio e 25 milioni agli atenei privati). «Quello che importa sta nella legge di stabilità, perché nella legge di stabilità stanno i fondi previsti per il funzionamento delle università italiane - ha spiegato la capogruppo Pd Anna Finocchiaro - Anche sulla stessa questione che riguarda i concorsi per i 1500 ricercatori la Gelmini non dice la verità perché è vero che non ci sono in questo momento regole per celebrare questi concorsi ma basta prorogare le regole che c'erano come già era stato fatto e come noi alla Camera avevamo proposto». Inoltre «la legge Gelmini anche se approvata da sola non basta per fissare le regole per celebrare i concorsi», visto che la legge delega, a proposito della previsione economica, rimanda a un calcolo successivo ai decreti attuativi per l'emanazione dei quali potrebbero trascorrere anche 12 mesi. (Il Riformista 03-12-2010)

La riforma dell'università è dunque appesa a un filo esile, a voler essere molto ottimisti. Finita nel tritacarne di una verifica politica senza esclusione di colpi, divenuta oggetto di manifestazioni di piazza e pedina di scambio parlamentare (la Camera, su proposta della maggioranza, chiude i battenti per una settimana e non discute la mozione di sfiducia sul ministro Bondi; il Senato non può approvare la legge Gelmini prima del 14 dicembre perché altrimenti l'opposizione minaccia di non far passare la legge di stabilità), la riforma è un passo dall'evaporazione. Dalla classe politica tutta era doveroso attendersi una prova di maturità. Così non è stato. (Il Sole 24 Ore 03-12-2010)