TRE MOSSE PER RIFORMARE L’UNIVERSITÀ SECONDO “RICERCA PRECARIA” Stampa

La prima mossa infatti è a costo zero: vincolare almeno la metà dei punti organico – le risorse che ogni anno il ministero distribuisce agli atenei e che permettono di investire in personale – per l'assunzione di nuovi ricercatori. La seconda mossa non solo è a costo zero, ma garantisce una riduzione di spesa e una semplificazione burocratica. Si tratta di costruire un percorso unico di accesso alla carriera universitaria, con un primo contratto da ricercatore a tempo determinato di tipo A di tre anni, ottenuto dopo la partecipazione a un concorso di selezione pubblica (come accade attualmente), a cui far seguire un secondo triennio da ricercatore di tipo B, garantendo sin da subito una programmazione finanziaria adeguata. Successivamente, dopo il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale e un'ulteriore valutazione potrà avvenire l'entrata in ruolo come professore associato. Infine, la terza mossa, che un costo ce l'ha – 250 milioni di euro, il 3,5% del finanziamento ordinario annuale – ma che davvero potrebbe cambiare il profilo dell'università italiana: un piano serio di reclutamento per 5.000 nuovi ricercatori, che compensi parzialmente il calo di personale degli ultimi dieci anni dando una risposta al precariato accademico. (Fonte: FQ 11-10-17)