TRA I PAESI SVILUPPATI, L’ITALIA È L’UNICO DOVE LA CARRIERA UNIVERSITARIA NASCE E MUORE IN POCHI METRI QUADRATI Stampa

Che modello si prospetta ai giovani per entrare nell'Università? La ricetta è semplice. Svolgere compiti di servizio presso le sedi locali onde acquisire crediti morali. Indi fare in modo che dette sedi trovino i fondi sufficienti per bandire un concorso. L'istituto del trasferimento è, di fatto, abrogato. Se la regola fosse stata applicata nel passato, Aristotele non avrebbe mai insegnato in Atene né Tommaso d'Aquino in Parigi. Si sta accettando passivamente un sistema che premia il burocrate astuto scoraggiando gli intellettuali appassionati ma disaccorti. La vergogna di oggi viene da lontano e ci porterà ancora più lontano, se non si azzera la schizofrenia di riformare le riforme con riforme sempre più deleterie e tutte sorrette da una vena ideologica che non accetta confutazioni né tampoco verifiche. Questa valanga di "modernizzazioni" ha affossato l'università italiana nel goffo tentativo di trasformarla in impresa economica, scimmiottando la moda che vuole l'istituzione accademica governata dal mercato. E che, rinnegando una missione millenaria, sta riducendo l'università pubblica ad una azienda municipalizzata dove il "capitale umano" diventa una voce della "spending review" e nulla più, sotto il controllo dei burocrati astuti in perenne bilico tra devolution e sovranismo, ma sempre alla ricerca di qualche strapuntino nelle istituzioni o nelle imprese. Tra i paesi sviluppati, l'Italia è l'unico dove la carriera universitaria nasce e muore in pochi metri quadrati, lo stesso spazio fisico e culturale dove ci si è laureati. Nessuno si adopera per sanare la ventennale ferita, madre di un profondo ristagno culturale. (Fonte: R. Rosso, FQ 03-10-17)