Non possiamo più permetterci un’università quasi gratuita Stampa

In questi giorni molti ragazzi iniziano l'università. Per alcune famiglie si tratta della prima generazione che può continuare gli studi dopo la scuola. Che immagine hanno questi ragazzi del Paese in cui diventano cittadini adulti? In molti atenei le lezioni non cominciano: interi corsi di laurea sono stati rinviati (per ora) al secondo semestre. Gli studenti si aggirano spaesati per aule vuote, preoccupati dall'incertezza che li attende.

Del disastro universitario siamo tutti responsabili. Baroni delle cattedre, politici cinici o ignoranti, una classe dirigente che guarda all'università con sufficienza e alla prima delusione manda i figli a studiare lontano dall'Italia. In tre anni 4.500 professori, il 12% del totale, sono andati in pensione. Molti dei corsi che insegnavano non ci sono più perché, tranne casi rari, chi è andato in pensione non è stato sostituito. Il motivo è che i tagli ai finanziamenti pubblici hanno fatto sì che nella quasi totalità degli atenei la spesa per stipendi oggi superi il 90% delle risorse, soglia al di sopra della quale non si può più assumere nessuno. I ricercatori sono 24 mila. Fino a ieri due su tre insegnavano, sebbene una legge sciocca ma ancora in vigore dica che dovrebbero fare solo ricerca, non insegnare. Quest'anno oltre un terzo dei ricercatori non farà lezione: altri corsi che non partono, spesso i più avanzati poiché i più vicini alla frontiera della ricerca.

Che nell'università ci siano troppi professori è un fatto. La responsabilità è di quei sindaci e presidenti di Provincia, di destra, di centro e di sinistra, che hanno ottenuto che si aprissero università ovunque, e che in ciascuna si avviassero corsi di triennio, biennio e dottorato. Se a errori ripetuti per decenni si vuol rimediare in un giorno c'è un solo modo: chiudere i corsi di laurea. È la strada che ha scelto il ministro dell'Economia che in nome del vincolo di bilancio ha deciso di sacrificare l'università. Se i ragazzi buttano al vento un anno della loro vita, poco male. Ma se davvero il vincolo di bilancio è così stretto, come mai nel primo semestre dell'anno il governo ha consentito che la spesa corrente al netto degli interessi, evidentemente in altri settori, aumentasse di 2.800 miliardi? Chi sono i privilegiati? Possiamo permetterci di sprecare il nostro capitale umano? Non credo. Si poteva far meglio? Sì.

In luglio il Senato ha approvato la riforma dell'università. Non è una legge ideale, ma va dato atto al ministro Gelmini di aver fatto un importante passo avanti. La legge riconosce che i corsi devono essere ridotti, le università snellite, alcune chiuse. Ma si propone di farlo gradualmente, con un piano di sostituzioni solo parziali dei professori che vanno in pensione: altri 5.800 nei prossimi cinque anni. La Camera è pronta ad approvare la legge. I deputati della maggioranza non esigono che i tagli all'università (1.200 miliardi, un ulteriore 15% in meno il prossimo anno) siano cancellati: chiedono che siano ridotti della metà, per consentire alle università di funzionare. Neppure questo è compatibile con i vincoli di bilancio? Allora si abbia il coraggio di spiegare alle famiglie che non possiamo più permetterci un'università quasi gratuita, cioè rette che coprono meno di un terzo del costo degli studi. Trovo terribile il cinismo di chi lascia una generazione allo sbando perché non ha il coraggio di dire la verità. (F. Giavazzi, Corsera 24-10-2010)

Due Commenti all’articolo:

1. Mi piace quest'articolo. ancoraepugnale

E' evidente che scrivere le cose come stanno crea mal di pancia a qualcuno e sopratutto risulta essere meno spettacolare di quello che la folla chiede per giustificare agitazioni logoranti. In ogni caso il problema è uno solo : la spesa pubblica è troppo alta, sopratutto per sprechi non proprio chiari. Da come si comportano i "nostri" rappresentanti in parlamento è evidente che questi sprechi vengono limati ma mai soppressi, quindi si taglia dove si può : le università italiane sono state per lungo tempo un cuscinetto per reggere la spinta della disoccupazione, troppi professori, troppe promesse di carriere universitarie impossibili da mantenere. Ma all'epoca faceva comodo. Bisogna cambiare la testa dei più: la cosa pubblica non è la cosa di nessuno, ma la cosa di tutti.

2. Non sono d'accordo. JackTorrance

Siamo uno dei paesi europei con il più basso rapporto numerico tra insegnanti/studenti, quindi direi che bisognerebbe parlarne prima di affermare "Che nell'università ci siano troppi professori è un fatto". Siamo uno dei paesi europei che investe meno in percentuale PIL nell'università, e il confronto lo perdiamo anche con paesi in cui le rette universitarie sono più basse e, aggiungerei, dove spesso sono anche più alte le spese per il diritto allo studio (borse, allorggi, mense...). A me sembra quindi che se questo tipo di università non possiamo più permettercelo è solo per una scelta politica, non economica.