L'UNIVERSITÀ FA BENE CON POCO MA NON GODE DI BUONA STAMPA Stampa

L’Università italiana non gode di buona stampa. L'opinione pubblica non le è favorevole. Le élites politiche e culturali le sono spesso avverse. La legislazione in materia è solitamente punitiva nei suoi confronti. Il finanziamento pubblico scarso. La considerazione sociale in cui è tenuta dai più mediocre. I nostri giovani più brillanti non vedono l'ora di scappare all'estero (sempre più spesso cominciano addirittura dal liceo). Ora, tutto ciò può dipendere o dall'effettivo livello scadente dell'Università italiana oppure da una campagna sistematica di disinformazione nei suoi confronti. La mia impressione è che la seconda ipotesi sia la più verosimile. Questo non vuol dire - ovviamente, starei per aggiungere - che l'Università italiana sia immune da difetti. Ma solo che il discredito dovuto alla disinformazione copre di una densa coltre di nebbia la possibilità stessa di capire quali sono i punti forti e quali sono quelli deboli del sistema accademico nazionale. Con conseguenze spesso disastrose per i (talvolta) pur generosi tentativi di riforma del sistema stesso.
Da che cosa dipende una tesi come questa? Come spesso capita, da un misto di esperienza personale, di statistiche e di visione teorica. L'esperienza personale dice che gli studenti italiani sono bravi e primeggiano all'estero. Bene, se l'esperienza non è un gran che di argomento, i dati dovrebbero fornire un'evidenza migliore. Per cominciare, l'Italia è uno dei primi Paesi industrializzati del mondo e ha una spesa per l'Università da Paese in via di sviluppo (32esima su 37 Stati, dato Oecd 2012). I soldi, si dirà, non sono tutto. Vero. Ma guarda caso, gli atenei che primeggiano nelle classifiche mondiali godono di budget assai diversi. Harvard ha ben 42 miliardi di dollari in assets, e una spesa operativa annua di circa 4 miliardi di euro (2016) a fronte di un fondo di finanziamento ordinario per tutte le università italiane messe assieme che ammonta, nel 2017, a poco meno di 7 miliardi di euro. Inoltre, se guardiamo al numero di pubblicazioni per studioso siamo su uno standard del tutto rispettabile nel panorama internazionale, e se invece si guarda alle citazioni di questi lavori l'Italia risulta settima al mondo fra il 1996 e il 2011 (Scopus). Se infine compariamo la spesa pubblica per l'Università allo standard scientifico siamo un record di efficienza misurata in termini di risorse spese per articolo e per citazioni (Oecd 2010). L'Università italiana, a quel che pare, fa bene con poco. (Fonte: S. Maffettone, Il Messaggero 29-08-17)