ARWU RIMANEGGIATA IN BASE AL VALUE-FOR-MONEY Stampa

É arrivata la classifica di Shanghai, nota anche come ARWU (Academic Ranking of World Universities). Nessuna italiana nelle prime 100, anzi nelle prime 150. Non diversamente dagli esiti di altre classifiche internazionali, sembra la certificazione del deplorevole stato in cui versano le nostre università. Ma se la nostra ARWU League si giocasse proprio in base al value-for-money, chi la vincerebbe? Per saperlo basta dividere il PUB score per le Operating Expenses e vedere chi, a parità di costi, produce di più. Per facilitare la lettura dei risultati, normalizziamo il risultato in modo che l’Efficiency score di Harvard sia pari a 100. Ecco il risultato.

L’Italia fa cinquina. I primi cinque posti sono occupati da Milano Statale, Ferrara, Pavia, Milano Bicocca, Padova. Ma anche Trieste e Torino entrano nelle prime dieci. Un risultato che può apparire clamoroso solo a chi non conosce i numeri dei finanziamenti e della produzione scientifica. Da sempre, l’università italiana è sottodimensionata e sottofinanziata (nelle statistiche OCSE siamo ormai penultimi per spesa in rapporto al PIL e ultimi come percentuale di laureati nella fascia 25-34 anni). Tuttavia, a fronte di un impegno finanziario modesto, la produttività è all’altezza se non migliore di quella delle altre nazioni. (Fonte: https://www.roars.it/online/classifica-arwu-ununiversita-italiana-nella-top-100-subito-e-a-costo-zero/ 15-08-17)