UNA SENTENZA ANACRONISTICA? LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUI CORSI UNIVERSITARI IN LINGUA INGLESE (Nota a Corte cost., sent. n. 42/2017) Stampa

Autore: Giammaria Milani, federalismi.it n. 9/2017, 12 pgg.
Con la sentenza n. 42 del 21 febbraio 2017 la Corte costituzionale ha rigettato la questione di costituzionalità sollevata dal Consiglio di Stato con riferimento all’art. 2, comma 2, lettera l) della legge n. 240/2010 relativa all’organizzazione delle università. La norma oggetto della questione prevede il «rafforzamento dell'internazionalizzazione anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione interuniversitaria per attività di studio e di ricerca e l'attivazione (...) di insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua straniera». La decisione si inserisce nell’annosa vicenda sorta a seguito della delibera del Politecnico di Milano con la quale, tentando di dare attuazione alla norma impugnata, si prevedeva di attivare corsi di laurea magistrale e di dottorato esclusivamente e interamente in lingua inglese. L’atto approvato dal Senato accademico dell’Ateneo milanese era stato in un primo momento dichiarato illegittimo dal TAR della Lombardia, che aveva ravvisato una violazione della legge n. 240/2010 e di alcuni parametri costituzionali; il Consiglio di Stato, a seguito di ricorso presentato contro la decisione di primo grado, aveva invece deciso di sospendere il giudizio, ritenendo la delibera del Politecnico conforme alla legge e dubitando piuttosto della legittimità costituzionale di quest’ultima, ciò che rendeva necessario un intervento del giudice delle leggi.
In particolare, la sentenza pone ostacoli eccessivi al raggiungimento dell’obiettivo dell’internazionalizzazione degli atenei italiani. L’attivazione di corsi in lingua straniera, e in particolare di corsi in lingua inglese, non è certamente l’unico mezzo per realizzare tale obiettivo; cionondimeno, la lingua di istruzione, come rilevato anche dall’OSCE, è uno dei principali fattori che influenzano la capacità degli atenei di attrarre studenti stranieri. L’utilizzo della lingua straniera, pur non essendo di per sé sinonimo di internazionalizzazione, rappresenta uno strumento utile al fine di incrementare la presenza di studenti e docenti stranieri negli atenei italiani, con ciò moltiplicando gli scambi culturali e professionali e favorendo l’inserimento delle università in un contesto internazionale e globale. L’Italia, in maniera del resto simile agli altri Paesi dell’Europa meridionale, si colloca agli ultimi posti, tra gli Stati membri dell’Unione europea, per offerta didattica in lingua inglese. La recente sentenza della Corte costituzionale, ponendo un freno all’attivazione di tali corsi, può senz’altro rendere ancora più complicato il cammino verso l’auspicabile internazionalizzazione dell’Università italiana. (Fonte: federalismi.it 03-05-17)