ALLA FINE DEL PERCORSO SCOLASTICO TROPPI SCRIVONO MALE IN ITALIANO Stampa

La lettera che oltre 600 docenti universitari, accademici della Crusca, storici, filosofi, sociologi e economisti hanno inviato al governo e al parlamento chiede "interventi urgenti" per rimediare alle carenze dei loro studenti: "È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente", si legge nel documento.
"Circa i tre quarti degli studenti delle triennali sono di fatto semianalfabeti - si legge tra i commenti dei docenti alla lettera - È una tragedia nazionale non percepita dall’opinione pubblica, dalla stampa e dalla classe politica. Apprezzo che finalmente si ponga il problema. Ahimè, ho potuto constatare anch'io i guasti che segnalate, dal momento che il mio esame è scritto e ne vengono fuori delle belle ... È francamente avvilente trovarsi di fronte ragazzi che vogliono intraprendere la professione di giornalista e presentano povertà di vocabolario, scrivono come se stessero redigendo un sms, con conseguenti contrazioni di vocaboli, o inciampano sui congiuntivi".
Un altro docente invece spiega: "Fortunatamente si incontrano anche ragazzi in gamba e preparati. Dedico ormai una buona parte della mia attività di docente a correggere l'italiano delle tesi di laurea. Purtroppo l'insegnamento di base, invece di concentrarsi su poche ed essenziali competenze, tende ad ampliarsi e a complicarsi a dismisura, coi risultati che constatiamo. Le maestre elementari - spesso bravissime e motivatissime - devono obbedire a un sacco di circolari che le inducono a fare le assistenti sociali. La situazione, poi, è resa oggettivamente problematica dalla latitanza di troppe famiglie, che mandano a scuola bimbi incapaci di una normale convivenza".
Dice il filosofo Massimo Cacciari: «Chiariamo: la colpa non è degli studenti, né degli insegnanti, ma di chi ha smantellato la scuola disorganizzandola. L'impronta gentiliana è stata contestata e superata, ma nel momento in cui la si è sostituita non si è lavorato in modo logico. In questo modo si sono susseguiti una serie di provvedimenti senza alcun ragionato impianto pedagogico e didattico. Sembra che l'unica cosa indispensabile sia professionalizzare, ma non si vuole capire che alla base di ogni apprendimento ci sono le competenze linguistiche. Se non si sa leggere non si sa affrontare un testo scientifico né un libro di racconti. E se non si sa scrivere non si possono certo divulgare le proprie idee». (Fonte: G. Adinolfi e C. Nadotti, R.it Firenze 04 e 05-02-17)