Riserve sulla classificazione presentata dall´Academic Ranking of World Universities Stampa

La graduatoria stilata ogni anno dall´Institute of Higher Education dell´ateneo Jiao Tong di Shanghai è una delle più note insieme a quella del Times Higher Education, la rivista londinese specializzata nel mondo accademico: la lista comprende cinquecento università scelte in base a indicatori di qualità come il numero di riconoscimenti internazionali e le pubblicazioni.
Per trovare un’università italiana, tra quelle presentate dall´Academic Ranking of World Universities (ARWU) di Shanghai, bisogna scendere al 136esimo posto, dove compare la Statale di Milano. Seguono Pisa e la Sapienza di Roma, rispettivamente ai posti 140 e 141. L´Italia soffre, ma non è sola. Soffrono i paesi dell´Europa mediterranea, falciati dalla top delle eccellenze: la Francia compare con solo tre università tra le prime cento, mentre Cambridge e Oxford si piazzano nella top ten. Vince l´America e comunque la cultura anglosassone. Oro, argento e bronzo a Harvard (sul podio ormai da anni), Berkeley e Stanford (che si scambiano le posizioni).

Ma quali sono i criteri di valutazione di Shanghai? La lista, che viene compilata dal 2003, giudica le performance dei sistemi universitari basandosi su risultati concreti, come il numero dei premi Nobel o di medaglie Fields ricevute da studenti e ricercatori. Più riconoscimenti si conquistano, più si guadagnano posizioni. L´altro indicatore riguarda le pubblicazioni. Quelle che interessano la Jiao Tong sono, infatti, le riviste considerate ad alto "impact factor". Due in particolare: Science e Nature. E qui nascono le prime prese di distanza. «Questo genere di classifiche non sono adatte a valutare l´area umanistica e letteraria, i cui studiosi non pubblicano certo su Science o Nature», spiega Luigi Frati, rettore della Sapienza. Aggiungendo però, a propria difesa, visto che l´ateneo romano è scivolato dalla posizione numero novantasette del 2005 a quella attuale, che il male principale è il taglio ai finanziamenti: «L´Italia investe ogni anno solo l´uno per cento del Prodotto interno lordo nell´università. La metà rispetto alla media dei Paesi europei. E quest´anno con i tagli ulteriori va ancora peggio». Fa eccezione la performance di Tor Vergata, che guadagna punti e sale alla 347sima posizione. La Scuola Normale Superiore di Pisa è numero trecento, dopo l´Alma Mater di Bologna (215) e le università di Firenze e Torino. Anche Luigi Fabbris, membro del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, solleva dubbi sui criteri bibliometrici di Shanghai: «Preferiamo giudicare i servizi forniti agli studenti e l´impatto dell´insegnamento sulla didattica». I premi e le medaglie, insomma, non sarebbero tutto. (R. De Santis, La Repubblica 20-08-2010)