TAGLI ALLA RICERCA MA I RICERCATORI RESISTONO E SONO TRA I MIGLIORI AL MONDO Stampa

I ricercatori resistono e sono tra i migliori al mondo nonostante i tagli alla ricerca. È l’ultima linea della resistenza in Italia, unica tra i paesi Ocse ad avere tagliato sull’istruzione e la ricerca negli anni della crisi iniziata nel 2015. Agli ultimi posti per investimenti nell’Unione Europea, grazie ai suoi ricercatori il paese è tra il settimo e ottavo posto al mondo sulla qualità e la produttività della ricerca. Sintomo di resistenza individuale, e di tenuta di un sistema scientifico a cui è stata dichiarata guerra sin dal 2008. Il paradosso, già denunciato da «Nature» nel 2013, è riemerso ieri al Consiglio Nazionale della Ricerca (CNR) a Roma in un incontro tra i presidenti degli enti pubblici di ricerca e i rettori dell’università. Un miliardo di euro tagliato all’università, 60-70 milioni solo al CNR. Più di otto miliardi alla scuola. Persi 10 mila ricercatori. Nel 2015 l’Italia ha continuato a investire solo l’1,33% del Pil contro una media europea del 2,03%. Il numero complessivo dei ricercatori ogni mille occupati è inferiore al 4,73% contro una media europea quasi del doppio: 7,40%. La loro età media è di 50 anni, mentre le assunzioni sono sostanzialmente bloccate e si muovono a malapena poche posizioni precarie. Se a questo scenario si aggiungono i dati sui ricercatori precari (dottorandi e assegnisti) si può avere un’idea dello stato della catastrofe: negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso il 44,5% dei posti per il dottorato di ricerca, passando dai 15.733 del 2006 agli 8.737 del 2016. Oltre il 90% dei ricercatori precari non riesce a proseguire la carriera, almeno in Italia. (Fonte: R. Ciccarelli, Roars 16-02-17)