La riforma universitaria e l’attivazione dei nuovi sistemi di valutazione dovrebbero avanzare insieme Stampa
In Italia si è cominciato a riflettere sui meccanismi di valutazione della ricerca scientifica solo da alcuni anni. Tra il 1999 e il 2000 vengono istituiti prima l'Osservatorio per la valutazione del sistema universitario e poi il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) e il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (Civr). Il ministero in quegli anni elabora le linee guida per la valutazione della ricerca e avvia la prima sistematica rilevazione dello stato della ricerca in Italia. La novità consiste nell'adozione di inediti criteri di valutazione. Per le pubblicazioni scientifiche, ad esempio, è introdotto il ricorso a metodi di tipo qualitativo come la peer review, un sistema di controllo della qualità affidato a esperti della materia, e di tipo quantitativo come l'impact factor o l'analisi delle citazioni (tecniche bibliometriche).  Nel 2006 viene istituita l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) con il compito di sostituire i precedenti enti che però sono ancora operativi. Il 2009 è un anno ricco di iniziative. In gennaio viene approvata una legge sul diritto allo studio che prevede tra le altre cose la creazione di un'anagrafe nazionale dei professori e dei ricercatori "contenente per ciascun soggetto l'elenco delle pubblicazioni scientifiche prodotte" e che servirà alla valutazione delle attività di ricerca delle università e del singolo docente. La disposizione stabilisce poi che in un apposito decreto il Miur dovrà indicare i criteri "identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni". L'atto non è ancora pronto ma probabilmente recepirà il recente (2010) parere che il Consiglio universitario nazionale (Cun), ha espresso sull'argomento. Un altro passo viene compiuto con un decreto ministeriale (luglio) dedicato alla "valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche" in cui sono contenute indicazioni sui criteri di valutazione che dovranno essere adottati dalle università per valutare le pubblicazioni. Oltre all'analisi delle citazioni e all'impact factor si fa riferimento per la prima volta a metodi più adatti alla valutazione di pubblicazioni digitali e online, come l'indice di Hirsch. C'è però una novità più importante. Dalle recenti disposizioni ministeriali emerge che articoli e libri in forma digitale e diffusi tramite la rete sono equiparati alla produzione tradizionale su carta. Anche il recente parere appena citato dedicato ai "criteri identificanti il carattere scientifico delle pubblicazioni" del Cun si muove verso questa direzione. Il legislatore, in altri termini, non sembra intenzionato a sostenere una discriminazione tra pubblicazioni cartacee e digitali ma a indicare i requisiti che queste devono possedere per essere considerate scientifiche prescindendo dal supporto sulle quali sono registrate. Una via già imboccata con la legge sul deposito legale (2004), strettamente legata alle procedure di assunzione dei nuovi docenti universitari, che ha incluso tra le pubblicazioni da valutare quelle diffuse "su supporto informatico" e "tramite rete informatica". Arriviamo così a oggi, con una delle disposizioni forse più importanti di questa riforma con la "r" minuscola: le linee guida per la valutazione quinquennale della ricerca 2004-2008. Per ricordare l'importanza di questa norma basti dire che in base ai criteri in essa contenuti sarà stilata la graduatoria degli atenei italiani più virtuosi e assegnate le risorse. Le linee guida riaffermano l'importanza delle tecniche bibliometriche per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche. Fin qui le buone notizie che potremmo riassumere così: la ricerca scientifica prodotta dalle università italiane è ora sottoposta a una valutazione basata su criteri oggettivi ispirati a buone pratiche internazionali. Rimangono però delle zone d'ombra. Le "due" riforme del mondo accademico italiano, quella in atto che abbiamo descritto e quella in discussione in Parlamento (DDL 1905), non dovrebbero avanzare in modo separato. Per un semplice motivo: la valutazione della ricerca scientifica è considerata un obiettivo fondamentale della proposta di legge del ministro Gelmini. Due sono gli aspetti sui quali si dovrebbe intervenire in fretta: il definitivo varo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) e una forte attenzione sulle proposte che sono state fatte, in particolare dal Cun, sui criteri di valutazione della ricerca per quanto riguarda l'area umanistica. Sull'Agenzia per la valutazione il ministro punta molto, ma attualmente sembra esserci una discreta confusione sul vero ruolo che essa avrà e soprattutto quando effettivamente sarà operativa e sostituirà gli altri istituti, da tempo dichiarati decaduti. Urge un chiarimento. Sulla valutazione in area umanistica va invece segnalato un passo indietro del Cun. Se da una parte, come abbiamo visto, il Consiglio universitario nazionale ha mostrato di essere sensibile alla situazione internazionale nelle bozze di pareri elaborati da alcune sue commissioni sembra invece, inspiegabilmente, rivolgersi al passato. Alcuni criteri proposti per valutare le riviste e le pubblicazioni periodiche, ad esempio, non tengono conto delle potenzialità offerte dalle nuove vie della comunicazione scientifica. C'è però tempo e modo per rimediare, magari coinvolgendo esperti italiani e stranieri sulla materia. (A. Capaccioni, Liberal 30-06-2010)