Una strategia vaga per la riforma Stampa

Della riforma Gelmini, di quanto sia timida e lasci di fatto inalterati gli equilibri – o gli squilibri – dell’Università, con l’aggiunta dei sanguinosi tagli strutturali al bilancio degli atenei praticati dalla Legge 133, la finanziaria d’agosto di Tremonti, abbiamo già discusso ampiamente. Una non riforma. La milionesima, a ben vedere, in cui la bella favola del merito nasconde le mille magagne di Università a cui si toglie l’ossigeno per poi dire che spendono troppo in salari.

Allora vai a vedere le altre proposte sul tappeto, per scoprire che il Partito Democratico inizierà il 10 maggio un viaggio che toccherà almeno 12 università italiane, partenza da Napoli. Un giro d’Italia per portare le sue proposte di cambiamento.

Perché il PD ha elaborato una strategia, che però più vaga di così non si riesce a immaginare. La espone dopo una severa analisi dello stato dell’Università, in cui non risparmia critiche alla riforma Gelmini. L’analisi è precisa, puntuale, documentata, anche se un tantino sintetica. Ma poi, quando si arriva alla voce “Le proposte del PD” si trova poco, al di là dell’intento – lodevole, ma velleitario, senza un piano serio e dettagliato – di portare le risorse per la ricerca dal miserabile 0,8 per cento del PIL di oggi a un più ragionevole 1,3 per cento (che è comunque sempre poco).

Visti i contenuti della proposta, speriamo sinceramente che il PD nelle università ci vada soprattutto per ascoltare la voce di docenti, ricercatori e studenti, per sentire le esigenze di un mondo che, a occhio e croce, probabilmente si sente ormai privato di un serio referente politico in Parlamento. In modo che poi le proposte ne escano più articolate, e più vicine ai meccanismi di paesi in cui l’Università e la ricerca funzionano meglio che da noi. Lo diciamo da anni: basterebbe copiare, per fare un po’ meglio di così, senza pretendere di essere troppo originali. Perché quando siamo originali, in Italia, andiamo a finire con i porcellum…Se la voce dell’Università troverà ascolto – magari portando a presentare proposte che non accontentano proprio tutti, ma la politica deve tornare a essere anche impopolare, quando è necessario – allora sarà già un piccolo passo. Altrimenti questo viaggio rischia di essere senza meta, senza rotta e, forse, senza nemmeno un timoniere. (M. Cattaneo, Le Scienze Blog 23-04-2010)