Referto sul sistema universitario* Stampa

Un documento di analisi di 142 pagine, corredate da numerose tabelle, intitolato *Referto sul sistema universitario (in versione integrale nel collegamento ipertestuale) è stato prodotto dalla Corte dei Conti e depositato in segreteria il 14 aprile 2010. "L’obiettivo di fondo del presente referto - scrivono le sezioni riunite della Corte - è quello di offrire al Parlamento un quadro conoscitivo degli attuali profili finanziari e gestionali del sistema universitario, anche alla luce dei prefigurati modelli di “governance” contabile". Le parti citate sono estratte dal "Referto", mentre i titoli aggiunti sono ripresi dalla sintesi pubblicata nel sito di STEP1 il 20-04-2010.

-Confronto internazionale: università italiana fortemente sottofinanziata

"L’Italia nel confronto europeo con gli altri Paesi membri dell’OCSE presenta una spesa annuale per studente nel 2006, nell’ambito dell’educazione terziaria incluse le attività di ricerca e sviluppo, al di sotto della media (8.725 dollari, rispetto alla media OCSE di 12.336)".

-Fondo di finanziamento ordinario inadeguato mentre scompare la logica del riequilibrio

"L’assegnazione annuale a favore di ciascuna università a carico del FFO, fino al 2003, si è articolata in una quota base (proporzionale ai trasferimenti statali e alle spese sostenute direttamente dallo Stato nel 1993 – spesa storica) e in una quota di riequilibrio attribuita secondo criteri relativi a standard dei costi di produzione per studente, al minore valore percentuale della quota relativa alla spesa per il personale di ruolo sul FFO (art. 51, comma 5, della legge n. 449 del 1997) e agli obiettivi di qualificazione della ricerca, tenuto conto delle dimensioni e condizioni ambientali e strutturali (comma 3).  La situazione di partenza era caratterizzata da un sostanziale “squilibrio” tra le risorse storicamente assegnate e il numero di studenti, di corsi ecc. Il FFO è cresciuto nel corso degli anni ma con una dinamica che in alcuni degli anni più recenti è stata inferiore al tasso d’inflazione e, soprattutto, all’incremento delle retribuzioni, delle quali, in base all’art. 5 della legge 537/93, si sarebbe dovuto tener conto annualmente per incrementare le assegnazioni del FFO.

Dal 2004, in sostituzione del vecchio meccanismo di riequilibrio, è stato introdotto un nuovo modello di finanziamento (formalmente adottato con il D.M. n. 146 del 28 luglio 2004) che ha recepito il modello di finanziamento predisposto dal CNVSU, su parere della CRUI e del CUN.

Tale modello esplicita maggiormente il ruolo dei processi formativi e della ricerca scientifica, evidenziando inoltre la possibilità di incentivare, per dare un impulso al sistema, politiche specifiche ritenute rilevanti in un certo periodo. Quindi, nei fatti, dal decreto scompare la logica del fondo di riequilibrio".

-Personale docente: la gerarchia accademica non è affatto una piramide

"Relativamente al personale docente, prendendo come riferimento i dati del 1998 – tenuto conto che la legge n.210/1998 ha innovato il reclutamento del personale docente e che ha avuto la sua prima applicazione dal 1999 - è possibile analizzare l’andamento del numero dei docenti di ruolo, che secondo i dati del Ministero dell’università, dell’economia e del CINECA, è stato complessivamente incrementato di oltre 11.000 unità (+23,1 per cento dal 1998). Il numero dei professori ordinari ha raggiunto nel 2008 le 18.228 unità; i professori associati sono pari a 17.549 unità e i ricercatori si attestano a 24.492 unità".

-Prevalgono le promozioni interne: gli ordinari aumentano assai più dei ricercatori

"Lo spiccato aumento dei professori ordinari - che registrano nel periodo 1998-2008 valori superiori a quelli dei ricercatori (rispettivamente + 42 per cento e + 28 per cento) risulta influenzato dal succedersi delle norme di contenimento della spesa che, negli anni recenti, ha favorito le promozioni interne a scapito del reclutamento del personale più giovane nel ruolo dei ricercatori".

-Fortissimo localismo dei professori universitari e squilibrio tra le aree scientifiche

"Ha contribuito a tale fenomeno anche il sistema di reclutamento del personale docente disciplinato dalla legge n. 210 del 1998, che ha dato alle commissioni di concorso la facoltà di selezionare per i professori un numero di idonei superiore a quello dei posti messi a concorso, consentendo a un numero molto ampio di soggetti già in servizio di utilizzare la loro idoneità per un inquadramento a livello superiore nello stesso ateneo di appartenenza anche se diverso da quello che aveva bandito il posto. I limiti imposti al finanziamento delle spese di personale hanno indotto gli atenei a fare ampio ricorso a tale meccanismo, già di per sé foriero di possibili squilibri sia a livello di ateneo sia di area scientifica o facoltà, atteso che la promozione alla fascia superiore nell’ambito degli stessi atenei, è preferibile anche sotto il profilo finanziario".

-Invecchiamento dei docenti: i "giovani" in entrata hanno un'età media superiore a 36 anni

"Un ultimo aspetto che merita attenzione è dato infine dalla composizione per età dei docenti nelle università statali. Nel periodo preso a riferimento la pur significativa quota di nuove assunzioni non è stata sufficiente a compensare il naturale invecchiamento dei docenti la cui età media presenta valori elevati in tutte le qualifiche, anche in relazione agli effetti, ancora attuali, degli inquadramenti disposti nel 1980 ai sensi del D.P.R. 382/1980.

Se la presenza di una consistente quota di docenti prossima ai limiti di età per il pensionamento può rappresentare, assieme alla razionalizzazione dei corsi di studio, un’opportunità per interventi di riequilibrio, è invece più complesso intervenire sul dato relativo alla crescita dell’età media d’ingresso nei diversi ruoli.

Il maggior numero di concorsi banditi in ciascun anno ai sensi della legge 210/1998 non ha contribuito, infatti, a ridurre l’età media d’ingresso. Se inoltre sull’assunzione dei professori può aver influito il minor costo delle promozioni interne, appare particolarmente critica la progressiva crescita dell’età d’ingresso dei ricercatori che dai 30 anni del 1980 è passata ai 35 anni del 1999 per raggiungere i 36,3 anni del 2008".

-Le spese per il personale assorbono tutto e non consentono di provvedere al funzionamento degli atenei

"Lo squilibrio tra l’andamento del FFO e la crescita delle spese di personale, anche in presenza dei correttivi previsti dal 2004 al 2008 peraltro non più confermati, rappresenta pertanto un forte elemento di criticità dell’attuale sistema di finanziamento che non riesce a garantire alle università un adeguato livello di spesa sia per il funzionamento e le attività istituzionali che per i progetti d’investimento. Il dato che emerge dalle rilevazioni del MIUR evidenzia, infatti, un andamento delle spese di personale che nel loro complesso assorbono interamente le risorse provenienti dal FFO".

-Studenti: numero stabile, molti abbandoni degli studi e diminuzione dei laureati

"Il numero totale degli iscritti alle università è sostanzialmente stabilizzato da circa cinque anni su un valore di poco superiore a 1.800.000 unità con un valore nell’anno accademico 2007-2008, pari a 1.809.192, di poco inferiore a quello registrato nell’anno accademico 2006-2007, pari a 1.810.101.

(...) Rilevante è ancora la cifra relativa alla quota degli abbandoni dopo il primo anno, pari nell’anno accademico 2006-2007 al 20 per cento, valore questo sostanzialmente analogo a quello registrato negli anni precedenti la riforma degli ordinamenti didattici.

(...) Il numero dei laureati scende complessivamente da 301.376 nel 2006 a 293.087 nel 2008. In netto aumento è peraltro nell’ultimo anno considerato il numero di laureati già in possesso di titolo (73.887 nel 2008 rispetto a 38.214 nel 2006), effetto questo essenzialmente della riforma a regime del doppio ciclo di laurea".

-Gli effetti del 3+2: crescita esponenziale dei corsi di laurea

"Il numero complessivo dei corsi di studio è andato tuttavia progressivamente aumentando sino a tutto l’anno accademico 2007-2008, raggiungendo un numero di 5519 corsi attivi di I e II livello a fronte di 4.539 corsi attivi di I e II livello nell’anno accademico 2003-2004. L’effetto moltiplicativo è dato soprattutto dalla crescita esponenziale dei corsi di laurea specialistica passati da 1204 nell’anno accademico 2003-2004 a 2416 nell’anno accademico 2007-2008. Una certa inversione di tendenza, in conseguenza dei decreti di riforma del 2004 e del 2007, comincia a registrarsi solo a partire dall’anno accademico 2008-2009. Secondo stime comunicate dal CUN, nell’anno accademico 2010-2011 sarebbe prevista un’ulteriore riduzione dei corsi attivi che si dovrebbero attestare su un numero inferiore a 2500 per i corsi aperti alle immatricolazioni pure e su un numero inferiore a 2100 per i corsi di laurea specialistica/magistrale. I dati di previsione per l’anno accademico 2010-2011 dovrebbero quindi riportare, secondo le stime del CUN, i corsi attivi per le lauree aperte alle immatricolazioni su valori allineati a quelli registrati prima della riforma avviata con il D.M. n. 509 del 1999".

-Altri effetti del 3+2: la frammentazione degli insegnamenti

"Sia pure con queste precisazioni che tengono conto di un sistema che sta cambiando dall’interno, non può non sottolinearsi tuttavia che i dati rappresentati mostrano in ogni caso che, almeno sino all’anno accademico 2007-2008, non hanno funzionato i filtri di verifica sia a livello di ateneo sia a livello di sistema, nel senso che non sempre sono state attentamente valutate le reali potenzialità di specializzazione dell’ateneo in presenza di effettive attività di ricerca e in una visione comunque coordinata e complementare con quella di altri atenei.

Rilevante è poi il numero dei corsi di primo livello ai quali sono iscritti non più di 10 immatricolati, come anche significativo è il numero totale degli insegnamenti attivi e il numero di quelli ai quali è attribuito un numero di crediti inferiore o uguale a 4. Il numero dei corsi di studio con un massimo di 10 immatricolati è di 340 su 3.373 complessivi nell’anno accademico 2006-2007, pari al 10,1 per cento del totale. Il numero degli insegnamenti è passato da 116.182 nell’anno accademico 2001-2002 a 180.001 nell’anno accademico 2006-2007 (con un incremento di circa il 60 per cento) e di questi ben 71.038 (pari a 39,5 per cento del totale) hanno massimo 4 crediti. Sulla base dei dati riportati nel X Rapporto del CNVSU, una leggera contrazione del numero degli insegnamenti viene registrata nell’anno accademico 2007-2008 (171.066) cui segue una altrettanto leggera diminuzione della percentuale di insegnamenti ai quali sono attribuiti non più di 4 crediti formativi (36,5 per cento a fronte del 40 per cento nell’anno precedente)".

-Duplicazioni tra laurea triennale e specialistica

"Il quadro rappresentato mostra che la riforma ha spesso favorito l’attuazione di corsi di studio rispondenti spesso a una modesta domanda. Inoltre, la riforma non ha realizzato l’obiettivo di attuare una distribuzione degli insegnamenti tra lauree e lauree specialistiche, ma ha avuto l’effetto di realizzare una frequente duplicazione degli stessi oltre che una frammentazione degli insegnamenti".

-Sedi decentrate: fattore di abbassamento della qualità e aumento della spesa

"Al forte aumento dell’offerta formativa si aggiunge il rilevante fenomeno della proliferazione delle sedi decentrate, le quali oltre a far lievitare i costi dell’intero sistema di finanza pubblica, rispondono spesso in modo inefficace alla domanda di formazione attesa. Sulla base dei dati riportati nel IX rapporto del CNVSU, risultano oltre 70 sedi ove nell’anno accademico 2006-2007 era attivo un solo corso di studio e ulteriori 30 ove erano attivi solo 2 corsi di studio.

Sempre, secondo i dati riportati nel IX rapporto del CNVSU, risultano ben 28 sedi decentrate nelle quali, nell’anno accademico 2006-2007, non figurando nuovi immatricolati, i corsi di laurea sono stati disattivati, sebbene in taluni comuni i corsi siano stati mantenuti solo per la conclusione degli studi degli iscritti negli anni precedenti. In tre di queste sedi figura peraltro nell’anno accademico 2006-2007 un solo iscritto, mentre in 15 delle medesime sedi risultano nello stesso anno accademico un numero d’iscritti pari o minore a 10".

-Crescita esponenziale dei docenti a contratto

"Non ultimo va considerato, in termini di impatto sui maggiori costi del sistema universitario nonché in parte anche sulla non sempre verificabile qualità dell’offerta formativa, il peso via via crescente che negli ultimi anni hanno assunto i professori a contratto, esterni ai ruoli universitari. Senza considerare gli incarichi per attività didattiche integrative, i professori a contratto hanno subito, infatti, una variazione in aumento del 67 per cento tra l’anno accademico 2001-2002 (con un numero pari a 20.848 unità) e l’anno accademico 2007-2008 (con un numero pari a 34.726).

(...) Secondo i dati riportati nel citato rapporto del CNVSU, nell’anno accademico 2006-2007 la percentuale dei crediti coperti da docenti esterni all’ateneo non appartenenti a ruoli dell’università si aggirava attorno ad un valore medio che superava il 15 per cento del totale dell’offerta formativa, con punte significative in gruppi di facoltà come architettura (con il 33,4 per cento), lettere e filosofia (con il 17,3 per cento), lingue e letteratura straniere (con il 20,1 per cento), scienza della formazione (con il 23,4 per cento), sociologia (con il 28,4 per cento). I dati riportati nel testo provvisorio del X rapporto del CNVSU confermano la tendenza in crescita anche per l’anno accademico 2007-2008 con una percentuale dei crediti coperti da docenti esterni all’ateneo non appartenenti a ruoli dell’università attorno ad un valore medio di quasi il 19 per cento del totale dell’offerta formativa.

I valori indicati sembrano evidenziare l’anomalia di un fenomeno che, se fisiologico per aree disciplinari nelle quali occorrono competenze specifiche normalmente non presenti nei ruoli universitari, appare singolare in non pochi casi, ove l’insegnamento a contratto verrebbe in realtà a configurarsi come modalità sostitutiva di un’offerta didattica che dovrebbe essere garantita dal personale docente di ruolo”.

-Scarsa domanda di laureati triennali e forte precariato per tutti

"I dati rilevano che nel 2007 circa il 41 per cento dei laureati in corsi lunghi e ben il 48 per cento dei laureati triennali lavora con contratti a termine, spesso non per una scelta autonoma ma in conseguenza di difficoltà riscontrate nella ricerca di un posto di lavoro.

Ad avere un’occupazione a tempo indeterminato è il 40,6 per cento dei giovani che hanno conseguito un titolo lungo e il 42,4 per cento dei laureati triennali mentre a intraprendere un’attività autonoma è solo il 19 per cento dei laureati dei corsi lunghi e il 9 per cento dei laureati triennali".

-Pochi fondi per l'avviamento al lavoro

“Il coinvolgimento degli atenei in questa nuova attività, già peraltro avviata da quasi tutte le università ora tenute anche a interconnettersi alla borsa nazionale continua del lavoro, mira a implementare rapporti più stabili di collaborazione con le aziende, stimolandone la richiesta d’informazioni rispetto alle attività didattiche e di ricerca degli atenei, con l’obiettivo di individuare possibili aree d’interesse e, eventualmente, giovani laureati da inserire in azienda.

Questo processo, ovviamente più diffuso in quei contesti territoriali caratterizzati da un contesto socio-economico dinamico, è tuttavia ancora affidato all’intraprendenza delle singole università sui cui bilanci ricadono in definitiva i costi del servizio, con la conseguenza che solo gli atenei dotati di adeguati mezzi finanziari potrebbero essere in grado di avviare un’attività di intermediazione rivolta non esclusivamente ai propri laureati".

-Fondi insufficienti per applicare la riforma della didattica

“L’analisi dei dati evidenzia un tasso d’incremento delle risorse del FFO in progressiva diminuzione e una crescita nettamente più elevata delle spese del personale determinata da dinamiche volte ad avviare la riforma degli ordinamenti didattici e ad assicurare i necessari ricambi generazionali.

Ne consegue un progressivo irrigidimento delle risorse assegnate per il funzionamento delle università quasi interamente assorbite dalla spesa per la corresponsione degli assegni fissi al personale che in base ai dati rilevati dal MIUR si attesta sin dal 1998 sopra l’82 per cento del valore del FFO per raggiungere l’89,5 % nel 2008.

Lo squilibrio, confermato anche a livello di singolo ateneo, non tiene inoltre conto del rilevante ammontare delle retribuzioni accessorie. Considerando anche tali voci retributive, le rilevazioni del MIUR evidenziano un andamento delle spese di personale che nel loro complesso assorbono interamente le risorse provenienti dal FFO”.

-Atenei ko per la riduzione del fondo di finanziamento ordinario

“Le difficoltà finanziarie degli atenei potrebbero accentuarsi anche a seguito delle più recenti misure legislative che, a fronte della riduzione progressiva del FFO, non hanno attualmente rifinanziato, a decorrere dal 2011, il Fondo straordinario di cui all’art. 2, comma 428 della legge 244/2007, né hanno confermato i correttivi alla spesa per il personale previsti nel periodo 2004-2008. Ciò richiede, da un lato, la necessità, per ciascun ateneo, di fronteggiare i nuovi oneri attraverso un’opportuna rimodulazione dei propri bilanci e un appropriato processo di riallocazione delle risorse e suggerisce, dall’altro, di ripensare l’attuale sistema di finanziamento al fine di garantire agli atenei un adeguato livello di spesa sia per il funzionamento e le attività istituzionali che per i progetti di investimento".