Le richieste del PD sulla riforma Stampa
Noi chiediamo di partire dagli studenti: orientamento, diritto allo studio, residenze, welfare. E dai ricercatori: percorsi di carriera rapidi e fondati su regole chiare, e dunque docenti più giovani - abbiamo la classe docente più anziana del mondo occidentale - e di qualità. Sulla governane, più efficienza e meno autoreferenzialità, ma con regole chiare e un circuito di fiducia tra Senato e CDA. E poi autonomia vera degli atenei, inserimento in legge di criteri e conseguenze della valutazione, nuove regole sulla ripartizione delle risorse ordinarie tra gli atenei, da affidare a pochi e trasparenti criteri: scelta degli studenti, valutazione di ricerca e didattica, diritto allo studio e coesione territoriale. Più laureati e promozione degli studenti meritevoli, percorsi rapidi di selezione dei docenti, funzionamento più efficiente e risorse adeguate, dunque. Elementi centrali per far ripartire l'università, ma purtroppo del tutto carenti nel ddl Gelmini: una proposta ipercentralista, che sottopone a un reticolo inestricabile di norme e al controllo della burocrazia ministeriale ogni minimo dettaglio della vita degli atenei. Passaggi troppo macchinosi per il reclutamento e un destino d’incertezza e precariato per i giovani ricercatori, mentre noi chiediamo che si attivi una fase transitoria nella quale consentire ai ricercatori (strutturati e non) che lo meritano di entrare nei ruoli. Gli studenti, poi, non esistono: secondo il Governo si dovrebbe affidare a una spa del ministero del Tesoro - ci risiamo! - la selezione dei meritevoli, senza che sia previsto un solo euro di risorse pubbliche per finanziare le borse. Torniamo alle risorse: anche qui occorre raggiungere quantomeno la media dei Paesi europei, passando dallo 0,8 attuale all'1,3% del Pil. Sembrava pensarla così anche la Gelmini («riforme in cambio di risorse», il suo mantra nei mesi scorsi), ma si trattava, evidentemente, solo di parole, poi smentite dal Governo. Che, al contrario, sembra avere un unico obiettivo: confermare i tagli per oltre 1 miliardo (quasi il 20 per cento), che fin d'ora rendono difficilissima la vita di molti atenei, e che certamente renderanno impossibile il loro funzionamento nel 2011. Insieme con quelli alla scuola e alla ricerca, circa 10 miliardi di tagli in tre anni. Nel frattempo la Francia, ad esempio, investe 11 miliardi per l'università e 8 per la ricerca. Il Pd ha affrontato queste questioni con una prima serie di emendamenti, presentati in Senato. (M. Meloni, Il Riformista 14-04-2010)