Prime difficoltà nel prepensionamento dei ricercatori Stampa
Prime difficoltà giurisprudenziali nella c.d. rottamazione dei ricercatori universitari, introdotta dalla manovra dell'estate 2008. L'Università di Messina si è vista stoppare dal Tar del Lazio (ordinanza 1650 del 15 aprile) le procedure per il pensionamento forzato di 50 ricercatori che avevano raggiunto i 40 anni di anzianità contributiva, e anche l'Università di Siena ha ricevuto dal proprio ufficio legale un'analisi del quadro normativo condita da più di un consiglio alla prudenza. La decisione dei giudici amministrativi è una sospensiva, perché la decisione nel merito è rimandata alla fine dell’anno (l'udienza è in calendario per il 24 novembre), ma il semaforo rosso è stato acceso perché il Tar ha individuato elementi di incertezza sufficienti per fermare tutto il meccanismo. Per capirli basta leggere l'analisi degli avvocati di Siena, che ripercorrono la storia del provvedimento e ne sostengono la «probabile inapplicabilità» ai ruoli docenti. Tutto nasce dall'articolo 72 del DL 112/2008, che ha previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere al pensionamento unilaterale dei dipendenti che hanno raggiunto i 40 anni di contributi. Questa possibilità, come precisa il decreto anticrisi del luglio scorso (DL 78/2009, articolo 17, comma 35) avviene nell'ambito dei poteri di organizzazione e gestione del rapporto di lavoro privatizzato, come previsto dal testo unico del pubblico impiego (articolo 5 del Dlgs 165/2001). Docenti e ricercatori, però, mantengono (come i magistrati) un rapporto di natura pubblicistica, per cui non sembrano poter essere coinvolti nei pensionamenti anticipati. In università, quindi, la norma potrebbe essere utilizzata solo per il personale tecnico amministrativo e per i collaboratori linguistici. (G. Trovati, Il Sole 24 Ore 20-04-2010)