Non tutto negativo nella riforma "3+2" Stampa
Lo dimostra l'analisi dei dati sulle immatricolazioni e iscrizioni trasmessi annualmente al MIUR dai nuclei di valutazione degli atenei. Quando la valutazione degli effetti è prodotta con un approccio che si preoccupi di evidenziare l'impatto della riforma rispetto a una stima di cosa sarebbe successo al mondo universitario italiano senza la sua introduzione - e non soltanto di registrare ciò che è avvento dopo la sua implementazione - emergono, infatti, ulteriori risultati. In primo luogo è vero, da un lato, che con la riforma è cresciuto il numero dei corsi di laurea. Dall'altro lato è anche vero, però, che, nella prima fase di attuazione della riforma, e cioè fino al 2004, la strategia di diversificazione delle Facoltà è stata premiata con un aumento di quasi il 3% del tasso di crescita degli immatricolati per ogni corso di laurea aggiuntivo. Nello stesso periodo l'introduzione del sistema "3+2" ha prodotto un incremento del tasso di crescita degli immatricolati compreso tra l'8,3% e il 9,6% nel primo anno di riforma, e tra 12,2% e il 14,7% nel secondo, sempre rispetto a una stima del trend di immatricolazioni che si sarebbe registrato con la permanenza del precedente assetto universitario. A tali aumenti non è seguita, fino al 2004, alcuna successiva contrazione del livello di immatricolazioni. In confronto con la proiezione del trend riscontrabile con il vecchio assetto, la riforma è stata poi responsabile di un significativo aumento dei tassi di permanenza degli studenti all'interno delle facoltà nelle quali si erano iscritti (aumento dell'ordine del 30% se calcolato a due anni dall'iscrizione, del 15% se calcolato a tre) e di una crescita (quantificabile tra il 6% e il 25% a seconda dell'indicatore) del tasso di immatricolati che si laureano in corso. (Il Fatto Quotidiano 28-04-2010)