Il principio di Bignami e l’“Inquinamento inflazionistico” della letteratura scientifica Stampa
Il fenomeno della proliferazione dei lavori scientifici può perniciosamente condurre al minimum pubblicabile (least publishable unit, http://en.wikipedia.org/wiki/Least_publishable_unit), cioè a spezzettare il proprio lavoro di ricerca al fine di ottenere il massimo di pubblicazioni possibili: ciò ovviamente a sfavore del potenziale lettore, che sarà costretto a cercare in diverse riviste scientifiche le varie parti del puzzle dei risultati per ricostruire nella sua interezza un filone di ricerca di un determinato autore. Per frenare questo fenomeno, nell’ambito di un dibattito proposto nel 1992 dalla storica rivista francese La Recherche, un ricercatore italiano, il neuropsicologo Giorgio Bignami, ha proposto di ridurre a un numero estremamente basso di pubblicazioni quelle su cui si deve basare un comitato di valutazione (pratica adottata già da tempo in altre sedi, per esempio l’Università di Harvard). Dovendo il ricercatore, l’esaminando stesso, proporre su quali pubblicazioni essere giudicato, ciò promuoverebbe un “circuito virtuoso” per il quale sarebbe più utile curricularmente avere un basso numero di pubblicazioni comprensive ciascuna di una ricerca anche pluriennale, piuttosto che raggiungere il vergognoso traguardo di una o due dozzine di pubblicazioni per anno, come purtroppo va accadendo anche in alcuni centri di eccellenza tecnico-scientifica europei, poveri di idee e scarni in quanto a risultati. La pratica di costringere il ricercatore a presentare un numero limitato di pubblicazioni – pur comportando l’effetto collaterale dell’incentivazione della competizione, già molto accesa, tra scienziati – è già stata adottata, ad esempio in concorsi accademici italiani, ed è augurabile che tale tendenza si accentui negli anni a venire.
Il principio di Bignami è la proposta di scontare il credito attraverso l’esame delle pubblicazioni non proposte per la valutazione, per vedere se l’autore non si sia reso responsabile di “inquinamento inflazionistico” della letteratura scientifica. Va infine ricordato che John Maddox, molto a lungo editor-in-chief del settimanale Nature, ha ribadito in diversi contributi, anche in lingua italiana, il pericolo di imbarbarimento nella comunicazione scientifica dovuto all’eccessiva proliferazione di singoli articoli contenenti la minima quantità di informazione pubblicabile (e di riflesso all’ingigantito numero di periodici scientifici pubblicati nell’ultimo ventennio); il rischio che un’importante scoperta scientifica passi inosservata, nel mare magnum di articoli quotidianamente pubblicati, non solo esiste attualmente, ma potrebbe ancora accentuarsi nel futuro. Come morale conclusiva: la libertà di esporre in forma scritta, e dunque pubblicabile, il proprio pensiero va oggi salvaguardata.
(E. Alleva, I. Branchi, R. Solimini. Istituto Superiore di Sanità. Il Pensiero Scientifico Editore; 2004. p. XIII-XIX.)