DEI 900 MILIONI CHE L'ITALIA VERSA ALL'EUROPA PER LA RICERCA, SOLO 600 TORNANO NELLE TASCHE DEI RICERCATORI ITALIANI Stampa

Alle denunce dell'associazione di ricercatori Roars, si aggiunge ora la lettera di uno dei maggiori fisici Italiani, Giorgio Parisi, appena pubblicata dalla rivista internazionale Nature. Che sta facendo molto discutere. Professor Parisi, qual è lo scopo della sua lettera pubblicata su Nature?
Chiedo che l'Europa solleciti gli Stati europei che non stanno investendo in ricerca, mettendo a repentaglio il senso e la funzione dei programmi di finanziamento europei per la ricerca. Come quelli nell'ambito del settimo programma quadro (2007-2013) e Horizon 2020 (2014-2020).
I finanziamenti dell'Ue non stanno colmando, almeno in parte, i tagli che la ricerca italiana ha subito nell'ultimo decennio? I grandi progetti che finanzia l'Europa possono inserirsi e prosperare in un humus adeguato, che solo i finanziamenti nazionali possono garantire. Senza un terreno fertile, fatto di una miriade di progetti di media e piccola entità su tutto il territorio nazionale, anche fondi europei importanti come gli Erc - quelli per progetti sopra i 2 milioni di euro ciascuno - rischiano di diventare cattedrali nel deserto. I tagli a ricerca e università a cui l'Italia ha assistito dal 2008 a oggi determinano il paradosso per cui il Paese contribuisce con 900 milioni l'anno al fondo europeo per la ricerca, ma solo 600 tornano ai ricercatori italiani sotto forma di finanziamenti. Una perdita netta di 300 milioni l'anno per la ricerca nazionale. (Fonte: L. Margottini, FQ 07-02-16)