VALUTAZIONE PER MIGLIORARE NON PER DISTRUGGERE Stampa

L’autore dell’articolo (A. Belelli, Roars 19-12-15) aveva scritto in precedenza: “Si fa finta di valutare allo scopo di poter dire che le università hanno avuto meno soldi per colpa del loro scarso valore scientifico”. Non era un’opinione esclusivamente personale: molte Università, la Conferenza dei Rettori, e recentemente anche il Consiglio Universitario Nazionale, hanno raccomandato la sospensione della VQR per ragioni analoghe. Alcuni lettori hanno interpretato il suo articolo come un rifiuto delle valutazioni meritocratiche tout court. In generale l’autore pensa che la valutazione abbia senso solo se è finalizzata al miglioramento del servizio offerto al cittadino, non alla sua distruzione. Se un servizio (ad esempio: una università) viene valutato e si scopre che funziona male, il problema che la politica deve porsi è quello di migliorarlo, non di tagliargli i finanziamenti a scopo punitivo fino a strangolarlo, come sta succedendo attualmente con il sistema universitario italiano. Si può commissariarlo, se necessario, o licenziare i dipendenti comprovatamente inadempienti, ma la distruzione del servizio va a danno dei cittadini-utenti. Per valutare ai fini di scartare qualcosa, occorre disporre di un eccesso del bene valutato, e questo non è il caso delle università italiane che non bastano a coprire il fabbisogno di laureati del Paese e ospitano una popolazione di docenti e ricercatori per milione di abitanti che è la metà di quella degli altri Paesi sviluppati. In secondo luogo, valutare allo scopo di scartare e distruggere, richiede che il bene valutato sia facilmente sostituibile: lo si deve poter buttare via senza rimpianto e produrre nuovamente senza gravi costi, e questo, di nuovo, non è il caso della scuola e dell’università. (Fonte: A. Belelli, Roars 19-12-15)