LA CORTE COSTITUZIONALE. DECIDE SE LE PENSIONI SUPERIORI A 3 VOLTE IL TRATTAMENTO MINIMO INPS DOVRANNO ESSERE O NO RIADEGUATE Stampa

Il 10 marzo la Corte Costituzionale, presieduta da Alessandro Criscuolo, dovrebbe avere deciso se le pensioni superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS dovranno essere – o no – riadeguate all’effettivo costo della vita. Si tratta di una questione di grande interesse per milioni di cittadini perché la mancata perequazione porterebbe via via alla lenta ma graduale ed inesorabile erosione dei vitalizi stessi, cioè più tempo passa e più la pensione perde valore. A subire maggiormente il danno connesso al blocco della rivalutazione monetaria in base agli indici Istat deciso dal governo Monti a partire dal 1° gennaio 2012, ma ottenendo soltanto un modesto “contentino” solo dal 1° gennaio 2014 in poi, sono stati soprattutto i titolari di pensioni medio-alte (ex magistrati, avvocati dello Stato, docenti universitari, ammiragli, generali, ambasciatori, notai, manager pubblici e privati, dirigenti bancari, piloti, giornalisti, ecc.).
Leggendo a fondo le 4 ordinanze pervenute al palazzo della Consulta dal tribunale di Palermo e dalla Corte dei Conti della Liguria e dell’Emilia Romagna, non dovrebbe esservi alcun dubbio sull’incostituzionalità del blocco per contrasto con gli articoli 2, 3, 23, 36, 38, 53 e 117 della Costituzione, nonché con gli articoli 6, 21, 25, 33 e 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Anche perché viene espressamente richiamato quanto scrissero – quasi profeticamente – proprio i giudici dell’Alta Corte nella loro ultima sentenza, la n. 316 del 2010, che ritenne legittimo il congelamento delle pensioni deciso nel 2008 dal Governo Prodi (lo stesso Governo aveva deciso anche nel 1998 un analogo blocco). Infatti, nonostante la dichiarata conformità alla Costituzione della legge del 2008, la Corte con la stessa decisione n. 316, inviò, però, un fermo monito al legislatore ricordandogli che “
la frequente reiterazione di misure intese a penalizzare il meccanismo perequativo esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta”.
La Corte ha ora davanti 3 possibili soluzioni prima di emettere il suo verdetto finale, che sarà redatto dalla professoressa Silvana Sciarra:
1) respingere tutte le eccezioni, come chiedono il premier Matteo Renzi e il presidente INPS Tito Boeri, e lasciare tutto invariato;
2) accogliere in pieno le varie eccezioni, riadeguando le pensioni al costo della vita dal 2012 in poi;
3) accogliere le varie eccezioni, ma riadeguando le pensioni al costo della vita solo da oggi in poi senza quindi alcun effetto retroattivo a partire dal 1° gennaio 2012.
Da media statistica, la decisione dovrebbe arrivare fra alcune settimane, da quattro a otto. Pertanto, per il momento, abbiamo soltanto la possibilità di parlare delle impressioni. Impressioni, a detta degli avvocati, di una causa difficile da vincere, ancorché sostenuta dai dubbi della Corte dei conti ligure ed emiliana, che hanno rimesso ai giudici costituzionali la medesima questione trattata il 10 c.m. Difficile perché giunge in un momento economico difficilissimo per il Paese, vessato da una crisi che dal 2008 non accenna a risolversi. Difficile considerando l’arroccamento difensivo dell’Avvocatura dello Stato, che ha posto sul piatto della bilancia, quale contropartita all’eventuale accoglimento del ricorso, le pesanti ragioni della finanza pubblica, che dovrebbe restituire ai pensionati circa 1,8 miliardi per il 2012 e 3 miliardi per il 2013. (Fonti: P.L. Franz,
blitzquotidiano.it; pensioni.manageritalia.it 10-03-2015)