LE OTTIME PERFORMANCE PRO CAPITE DEI RICERCATORI ITALIANI SI ACCOMPAGNANO ALL’IMPOSSIBILITÀ STRUTTURALE DI RECUPERARE BUONA PARTE DEI FONDI STANZIATI DALLA UE PER LA RICERCA (PERDITA DI OLTRE SETTE MLD) Stampa

L’Italia ha attualmente un numero bassissimo di ricercatori (pubblici e privati), circa 150.000, a fronte dei 510.000 della Germania, 430.000 dell’Inghilterra, 340.000 della Francia e 220.000 della Spagna (dati Eurostat). Rispetto a questi Paesi i ricercatori italiani hanno mostrato maggiore competitività, ricevendo il più alto finanziamento pro-capite nei bandi europei dell’ultimo programma quadro.
I dati mostrano chiaramente che la ricerca italiana soffre dell’assenza di politiche strategiche. Formiamo un capitale umano di ricercatori di livello, che però il sistema della ricerca sottodimensionato non può assorbire, dati i vincoli di bilancio. L’evoluzione socio-economica è talmente rapida da far prevedere già nei prossimi 15 anni un enorme cambiamento del mondo del lavoro, dominato da figure professionali altamente qualificate che devono essere formate. È questa esigenza che rende necessario arrestare immediatamente l’emorragia verso l’estero sia dei giovani ricercatori, sia dei quarantenni di successo che in Italia non hanno né prospettive di carriera né accesso ai fondi e ricevono invece allettanti proposte altrove. Nell’ultimo ventennio è mancato un interlocutore istituzionale efficace che tutelasse le ragioni della ricerca e dell’innovazione, indebolendo, di fatto, un settore (in maggioranza pubblico) cruciale per il futuro del Paese.
Il contributo che l'Italia offre al fondo europeo per la ricerca è molto alto (circa il 14%) perché è calcolato non sul PIL, ma sull'IVA. Negli ultimi 7 anni l'UE ha distribuito ai ricercatori d'Europa attraverso il 7° programma quadro (2007-2013) 48 miliardi di euro. Di questi, quasi 6 miliardi arrivano dall’Italia. L’analisi ex post sul 7° programma quadro dell’EU e la proiezione dei risultati su Horizon2020 forniscono un quadro chiarissimo della situazione: le ottime performance pro capite dei ricercatori italiani nel settennio passato s’accompagnano all’impossibilità strutturale di recuperare buona parte dei fondi stanziati per il sottodimensionamento del settore. Ovvero abbiamo troppo pochi ricercatori attivi. A causa della mancanza di personale addetto alla ricerca abbiamo perso 2 miliardi nel precedente programma quadro (7° PQ), e perderemo oltre 5 dei 10 miliardi che lo stato italiano si è impegnato a versare all’UE per Horizon2020. Ci sono i margini per interventi di tipo perequativo, per esempio ottenendo di derogare al patto di stabilità per un ammontare equivalente a fronte di un piano serio e credibile di assunzioni e di investimenti in ricerca, volto a colmare il gap strutturale in un tempo definito e concordato con Bruxelles; oppure contrattando la possibilità di attingere ai fondi strutturali sempre con intento perequativo. Questa è la posizione che l’Italia durante il semestre di Presidenza ha inserito nel documento finale dei Ministri della Ricerca. (Fonte:
Sintesi della giornata di ascolto sull’università’ e la ricerca promosso dal PD – Roma 26 febbraio 2015)