AGENDA MONTI. IN SINTESI I CONTENUTI SU FORMAZIONE E RICERCA, E UN GIUDIZIO TRANCHANT DI ROARS Stampa

I contenuti si possono riassumere nei seguenti cinque punti:

1. Si riconosce che abbiamo pochi laureati e che bisogna invertire la rotta, ma subordinando gli spazi per investimento nell’istruzione alla preliminare riduzione del debito pubblico e all’eliminazione di spese inutili.

2. Si propone la prosecuzione del progetto di censimento e valutazione dei prodotti della ricerca condotto dall’ANVUR.

3. Si propone il rilevamento e la pubblicizzazione per ogni facoltà della coerenza degli esiti occupazionali dei laureati. Salta all’occhio che l’estensore del documento non è al corrente che la riforma Gelmini ha abolito le facoltà sostituendole con strutture di raccordo la cui istituzione è peraltro opzionale.

4. Si propone l’accrescimento prioritario degli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, in particolare a favore del settore privato, anche tramite agevolazioni fiscali. L’università è menzionata solo in funzione del rafforzamento del dialogo con le imprese.

5. Si conclude con un enigmatico accenno al proseguimento di un lavoro già avviato per rendere università e centri di ricerca italiani più competitivi nel reperimento di fondi di ricerca europei.

Per quanto riguarda l’università e la ricerca, l’agenda Monti si caratterizza più per la reticenza che per i progetti concreti. È del tutto anomalo che l’agenda non faccia cenno ai tagli appena approvati. Una decisione politica di questa portata, che sancisce la piena continuità con le politiche di dismissione operate da Berlusconi, non viene difesa, ma nemmeno messa in discussione. Semplicemente, non se ne parla. Dato che più che oltre alle parole contano i fatti, la vera agenda sembra essere quella nascosta nel testo, ma evidente per chi abbia seguito la cronaca dell’ultima settimana. Come se la vera linea politica di Monti fosse elettoralmente impresentabile: avere il coraggio di difendere i tagli già decisi significherebbe ammettere esplicitamente ciò che un osservatore attento ha definito: un orientamento che ritiene sufficiente un sistema universitario più piccolo dell’attuale. Dall’economia italiana, infatti, viene una domanda di formazione e di ricerca inferiore alla media europea e di conseguenza il fondo per l’università può essere anche ridotto e molte sedi possono chiudere. Esporre la vera agenda vorrebbe dire regalare al PD argomenti troppo forti per rimarcare la sua distanza da Monti. A costo di sembrare evasivi, si è preferito nascondere la continuità con le politiche dell’esecutivo Berlusconi, che d’altronde traevano ispirazione dalle analisi e dalle ricette elaborate da economisti culturalmente vicini a Monti.
(Fonte: roars.it 26-12-2012)