VALUTAZIONE. COME SI TRASFERISCE LA “CULTURA DELLA VALUTAZIONE” NELL’UNIVERSITÀ Stampa

In realtà la cosiddetta “cultura della valutazione” nasce in ambito aziendale, in risposta alla maggiore complessità delle organizzazioni e per far fronte all’impossibilità di misurare prestazioni multidimensionali. Dal punto di vista delle organizzazioni, il mix di variabili qualitative e quantitative che determina il successo di un prodotto ha reso necessarie strategie atte a perseguire più obiettivi in parallelo. Dal punto di vista delle risorse umane, la prestazione è divenuta più difficilmente misurabile lungo una sola dimensione (ore di lavoro, quantità di prodotto, ecc.) anche a causa della molteplicità di mansioni assegnate a ciascuno. Il controllo multidimensionale difficilmente può essere perseguito attraverso una procedura di valutazione basata semplicemente sulla “misurazione”. Una frequente semplificazione identifica la valutazione con la misurazione, mentre la misurazione è solo uno degli elementi necessari alla valutazione, ne è strumento ma non ne costituisce l’essenza. Per valutazione, invece, si intende normalmente l’avvio di un processo “interno” attraverso il quale:

-           sono stabiliti obiettivi da raggiungere,

-           sono definite politiche coerenti con il raggiungimento di tali obiettivi,

-           è verificata la coerenza dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati.

Il processo mira principalmente a rendere trasparenti le scelte ed evidenziare gli sforzi per il miglioramento, non semplicemente a misurare, anche se la misurazione è uno strumento del processo. Pertanto, la valutazione non ha come obiettivo principale quello di emettere un giudizio, ma quello di “costringere” organizzazioni e persone al miglioramento continuo. Di conseguenza, la valutazione non impone parametri da raggiungere dall’esterno, ma impone agli individui e alle organizzazioni di darsi degli obiettivi (misurabili) e di fare il possibile per raggiungerli.
Come si trasferisce la “cultura della valutazione” nell’università?
Per quanto riguarda la valutazione delle organizzazioni è opportuno segnalare che sulla didattica qualche esperimento in questo senso è già stato effettuato, ad esempio con il progetto CampusOne, e sembra che l’AVA ripercorra più o meno le impostazioni della valutazione per obiettivi, basata sul trinomio autonomia, responsabilità e valutazione. Per la ricerca, però, abbiamo già fatto la VQR, che segue un modello teorico completamente diverso, con un processo di valutazione basato sulla mera misurazione ed eterodiretto da un organismo esterno alla struttura valutata. E’ evidente che per quanto riguarda la ricerca sono stati impiantati due processi di valutazione diversi nell’approccio e nella funzione e, probabilmente, anche nei risultati. Uno dei due processi risulterà superfluo. I posteri ci diranno quale.
Per quanto riguarda la valutazione delle risorse umane, il modello di valutazione è ancora più confuso. C’è l’abilitazione, che dovrebbe fungere da scrematura iniziale, fortemente basata sulla semplice misurazione di una sola delle attività principali dell’università, ossia la ricerca. C’è poi il concorso locale, che dovrebbe riportare in capo alle organizzazioni la responsabilità delle scelte e dei risultati. Ancora una volta si mescolano il modello di valutazione interna e il modello di mera misurazione, anche se in tempi diversi. Anche qui, però, è probabile che uno dei modelli tenda a prevalere sull’altro. I posteri ci diranno quale.
(Fonte: B. Bruno, roars.it 19-12-2012)