ABILITAZIONE SCIENTIFICA. RECUPERARE TRASPARENZA Stampa

Le 68mila domande hanno superato ogni previsione sull'abilitazione nazionale al debutto. Finito il conteggio, però, le opinioni si dividono drasticamente. I fautori sottolineano la mole delle attese innescate dal riaprirsi del reclutamento universitario, a sostegno del fatto che la macchina è ormai avviata e non può essere fermata senza tradire le aspettative di decine di migliaia di persone. I critici vedono nella massa di persone in gioco un altro fattore di pericolo che pesa su un meccanismo dalle gambe fragili, che rischiano di crollare alla prima contestazione circostanziata (per esempio quella sollevata dai costituzionalisti su cui il Tar Lazio si pronuncerà il 23 gennaio). In realtà, va chiarito subito che lo scontro non è tra tifosi dell'abilitazione nazionale e nostalgici del vecchio sistema basato solo sui concorsi locali. In sostanza tutti concordano che il meccanismo fosse da riformare, e che l'abilitazione nazionale è la via giusta per provare a portare il reclutamento accademico fuori dalle polemiche in cui l'ha invischiato un'aneddotica ricchissima d’idoneità quantomeno discutibili, distribuite negli anni. Il problema, semmai, sono i mille snodi applicativi, dalla moltiplicazione dei titoli in area umanistica grazie allo spacchettamento dei libri in capitoli all'assenza di un'anagrafe nazionale dei docenti sebbene la legge la preveda dal 2008.
La grande assente nell'infrastruttura dell'abilitazione nazionale è la trasparenza, perché le banche dati alimentate negli anni scorsi sono state spesso fatte invecchiare nell'incuria e quelle nuove, che dovevano censire la produzione scientifica di ogni docente, sono rimaste lettera morta. Si spiegano così alcuni inciampi nella corsa verso la prima abilitazione nazionale, come il reperimento dei titoli su siti personali dei docenti che nessuna norma impone di alimentare, e che quindi offrono uno spaccato parziale delle attività di ricerca effettiva; oppure l'incertezza nell'esame delle riviste, moltiplicata dal fatto che il panorama si è arricchito al punto che in alcuni settori disciplinari ci sono più riviste che titolari di cattedra.
È il deficit di trasparenza il primo grande gap da recuperare, e anche in fretta: un naufragio della riforma nel mare delle carte bollate, per i ricorsi al Tar contro meccanismi di selezione non sempre difendibili, è il risultato da evitare. Lo impone proprio la mole delle domande presentate.
(Fonte: G. Trovati, IlSole24Ore 24-11-2012)