DIDATTICA. VA RIORGANIZZATO IL CORSO DI STUDI IN GIURISPRUDENZA Stampa

Gli avvocati italiani (233mila, troppi) fungono da capro espiatorio del malfunzionamento della giustizia. In realtà all'origine delle inadeguatezze di molti dei nuovi avvocati sono le incongruenze della riforma universitaria (3+2) varata nella XIII legislatura che ha disarticolato cicli di studio e soppresso percorsi formativi affinati nel tempo. Così l'abolizione della laurea quadriennale in Giurisprudenza e delle 21 scuole di specializzazione, sostituite da 2 lauree triennali, poste in sequenza con una laurea specialistica biennale, e da un'unica scuola per le professioni legali, ha gravemente depauperato la formazione scientifica, professionale e culturale dei giuristi. Riduzione dei canali di studio, frantumazioni disciplinari e menomazioni nei programmi di insegnamento hanno provocato disorientamento negli studenti con il progressivo calo dei laureati e della loro preparazione. Dal picco dei 25.204 laureati quadriennali nel 2004 si è scesi nel ton a 3.130 laureati specialistici e ad appena n.793 con la laurea quinquennale in Giurisprudenza varata nel 2005. Rigidità e squilibri nell'ordinamento didattico di questa nuova laurea hanno dilatato le carenze formative dei giuristi: molti posti di uditore giudiziario restano scoperti nonostante la numerosità dei candidati che poi ripiegano verso la sempre più «abbordabile» avvocatura. Per arginare questa deriva dequalificante il ministro della Giustizia pensa al numero chiuso. Occorre, invece, tornare alla tradizionale laurea quadriennale ma a frequenza obbligatoria e potenziata da insegnamenti innovativi (analisi economica del diritto, economia della giustizia) e riaprire tutte le scuole di specializzazione. Parità di trattamento e selezione dei migliori richiedono poi, come per notai e magistrati, di centralizzare l'esame per l'abilitazione alla professione forense vietando l'uso di codici annotati e introducendo un tetto alle nuove iscrizioni. Non vanno ignorate, però, le spinte per la liberalizzazione delle professioni che puntano su lauree abilitanti e abolizione degli ordini.
(Fonte: A. Monti, Corsera 10-11-2012)