ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. L’OPINIONE DI UN CHIRURGO Stampa

Favorevole o contrario al numero chiuso a Medicina? «Favorevole. In qualche modo è necessario prevedere un numero ristretto. Assurdo pensare di avere 1500 matricole, come accadeva negli Anni Ottanta. È un facile populismo quello che dice "tutti dentro"». Molti suoi colleghi sostengono sarebbe almeno opportuno spostare in avanti lo sbarramento. È d'accordo? «Sarebbe meglio creare un anno propedeutico, alla fine del quale si sostiene l'esame. E chi non entra, può deviare verso altre facoltà». Si dice però che in questo modo l'Italia, fra meno di un decennio, non avrà più specialisti. Come assumerà i medici?  «La verità è che siamo stati abituati all'abbondanza. Ricordo che negli Anni Ottanta servivano 15 o16 chirurghi per coprire il pronto soccorso di un ospedale di provincia, in modo che tutti i turni fossero supercoperti».
C'è chi le risponderebbe che oggi siamo passati da un eccesso all'altro, anche grazie al numero chiuso. Che cosa ribatte? «È vero, siamo passati da un eccesso all'altro. Soprattutto, il rischio è che si trovino sempre meno "vocazioni" per le specialità difficili, quelle che oltre ad essere complesse sono più a rischio dal punto di vista giudiziario. Penso alla chirurgia o alla ginecologia». Lei è dunque d'accordo con i test, anche se un anno dopo. Ma come giudica le domande? «Darei più spazio ai quesiti scientifici, ma non si può prescindere da quelli di logica e di cultura generale».
(Fonte: intervista a M. Salizzoni, responsabile di un centro trapianti, La Stampa 05-09-2012)