ABILITAZIONE. IL RICORSISMO CONDIZIONA LE PROCEDURE Stampa
Finalmente sono state varate le abilitazioni nazionali che tantissimi ricercatori e associati aspettavano dall’approvazione della riforma (dalla fine del 2010!). Certo il regolamento non sarà perfetto, i tempi a disposizione delle commissioni si annunciano molto stretti, e qualcosa da dire sull'impianto degli indicatori di produttività scientifica ci sarebbe. Ma siamo tutti abituati a ripeterci che "l'ottimo è nemico del meglio" e poi è un tassello importante della Legge 240 e c'è bisogno di promuovere chi merita da tempo di andare avanti. Ma ecco che, puntualmente, qualcuno già pensa al ricorso sulle modalità di computo della produzione scientifica. Si rischia di bloccare tutto, ma che importa? Al termine del complesso percorso di prevalutazione dei progetti di ricerca nazionali (Prin e Firb) ogni ateneo ha una lista di ricercatori "soddisfatti" e la lista, in genere più ampia, di non selezionati. Che ci siano insoddisfatti non è sorprendente: il meccanismo di valutazione è stato complesso. Anche qui c'è chi pensa a ricorsi che potrebbero bloccare l'intera erogazione di finanziamenti. Altro esempio è l'annuncio del ricorso di docenti del Politecnico di Milano contro la decisione del Senato accademico di svolgere tutti i corsi magistrali in lingua inglese. Che il "modello PoliMi" non sia facilmente trasferibile agli atenei generalisti dove s’insegnano e studiano anche le scienze umane, economiche, giuridiche, sociali, ecc. è un aspetto del problema, ma che una decisione del Senato accademico di quel Politecnico - certamente ben meditata e figlia delle regole di governance - sia oggetto di ricorso al Tar deve far riflettere. Insomma, la tentazione di ricorrere contro il risultato o la decisione sgradita è irresistibile. Troppe volte gli stessi processi decisionali, i regolamenti e le procedure sono condizionati, quando non dominati, dalla necessità di prevenire i ricorsi.
(Fonte: D. Braga, IlSole24Ore 19-08-2012)