IMPOSSIBILE UNA VERA RIFORMA DELLA PROFESSIONE FORENSE SENZA UNA SERIA RIFORMA UNIVERSITARIA Stampa

Guido Calvi sa bene che l'«avvocato tutto fare» è ormai una figura anacronistica: «il discorso è molto semplice anche per noi avvocati. Perché se hai un problema di cuore vai dal cardiologo, non dal medico generico...». Ha dunque ragione il ministro Paola Severino quando sostiene che non si può più fare l'avvocato per ripiego? «La professione è veramente caduta in una crisi drammatica come non ha mai vissuto nella sua storia. Il ministro è stato fin troppo pacato nei toni ma la colpa non è solo degli avvocati. Perché la politica ha lasciato degradare la professione per assoluta assenza di riforme ordinamentali». Il governo ha annunciato che proporrà un percorso universitario specifico per gli aspiranti avvocati. Condivide? «Gli argomenti utilizzati dal ministro sono assolutamente pregevoli, in particolare quello che coglie la crisi dell'università in questo settore. Perché se non si fa una riforma universitaria seria non si farà mai una riforma della professione forense: oggi, infatti, c'è un corso generico che non porta ad alcuna specializzazione, per cui si entra nel modo dell'avvocatura senza sapere minimamente cosa significhi essere un avvocato». Gli avvocati appoggeranno la proposta che il ministro Severino sta elaborando con il collega Profumo? «La proposta che fa il ministro è molto semplice: tre anni di corso generico e poi un biennio di specializzazione perché chi vuole fare l'avvocato, il magistrato o il notaio non può certo fare gli stessi studi di uno studente che mira a vincere un concorso magari al ministero degli Esteri». È vero, allora, che molti neolaureati fanno gli avvocati per ripiego. «In realtà, per molti di loro è diventata una professione residuale con un percorso che non prevede nel suo sviluppo alcuna selezione. E c'è da dire che il numero così elevato di avvocati, quasi 240 mila, crea un serio problema di carattere deontologico». Pare che i patrocinanti in Cassazione siano 90 mila quando in Francia sono alcune centinaia. «In Francia si accede al giro dei cassazionisti con un concorso, non come da noi che l'abilitazione scatta dopo un certo numero di anni». Quindi, cosa si potrebbe consigliare a una matricola universitaria che coltiva l'ambizione di indossare la toga? «Non è più tollerabile l'assenza di specializzazione all'interno dell'avvocatura. Non si può certo introdurre il numero chiuso ma bisogna creare una selezione di qualità attraverso la specializzazione. E penso al diritto europeo, al diritto tributario, al penale tributario: tanti filoni che, per la loro peculiarità, sono lasciati troppo spesso ai grandi studi internazionali» Inoltre «sia il medico sia l'avvocato hanno un ruolo che garantisce l'esercizio di diritti costituzionali tanto che implicano il segreto professionale. Va dunque stralciata dal pacchetto della riforma delle altre professioni la regolamentazione delle professioni di medico e di avvocato».
(Fonte: D. Martirano, intervista a Guido Calvi, membro del CSM, Corsera 13-08-2012)