ORIENTAMENTO UNIVERSITARIO. PRINCIPALI PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI IN MATERIA Stampa

La comparsa del concetto di orientamento universitario è nato negli anni Settanta del Novecento con la liberalizzazione degli accessi conseguente alla legge 910 del 1969 che istituiva la cosiddetta “università di massa”. L’orientamento universitario trovava poi una chiara collocazione nel D.P.R. 382/80 sul riordino della docenza. All’articolo 10, infatti, tra i compiti istituzionali del docente figurava anche quello relativo ai “compiti di orientamento per gli studenti”, un compito che, soltanto in apparenza, si limitava “alla predisposizione dei piani di studio”. Il D.P.R. 382, infatti, faceva esplicito riferimento sia alle attitudini degli studenti, sia a eventuali percorsi personalizzati legati ai risultati già conseguiti: l’attività di orientamento diveniva così garante delle attitudini degli studenti.
Negli anni Novanta l’orientamento trovava spazio nella legge 341/90 sulla riforma degli ordinamenti didattici laddove venivano previsti una serie di servizi integrativi per assicurare agli studenti forme di sostegno nei momenti cruciali della loro carriera, dall’iscrizione all’elaborazione dei piani di studi, fino all’iscrizione a corsi post-laurea. L’articolo 6 della legge 341 imponeva agli Atenei italiani di realizzare “corsi di orientamento degli studenti, gestiti dalle università anche in collaborazione con le scuole secondarie superiori”, inaugurando, così, una tendenza, confermata dalla successiva legge quadro 390/1991, che separava l’“orientamento al lavoro” – la cui gestione spettava alle Regioni ed agli Enti locali – dall’“orientamento agli studi”, di competenza universitaria. È con la legge 127/1997 che l’orientamento universitario comincia a concretizzarsi in opportunità operative. Al comma 95 dell’articolo 17 si rinviano a successivi decreti ministeriali alcune attività fondamentali delle università, tra cui: “Modalità e strumenti per l'orientamento e per favorire la mobilità degli studenti, nonché la più ampia informazione sugli ordinamenti degli studi, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici”. Il decreto attuativo (D.M. 245/97), promulgato lo stesso anno, conteneva una serie di indicazioni sulle attività accademiche di orientamento: “Le università – si legge al comma III dell’articolo 3 – di norma prima dell’inizio dei corsi ufficiali e in relazione ad uno o più corsi di laurea, organizzano attività di orientamento e insegnamento, le quali comprendono i contenuti caratterizzanti, le conoscenze generali e propedeutiche, forme di tutorato e di assistenza agli studenti, nonché test autovalutativi. Tali attività si concludono con una valutazione finale, non condizionante l’iscrizione”.
Nonostante questi provvedimenti legislativi nell’orientamento universitario, insomma, continuava a prevalere il momento puramente informativo, come confermato dalla legge 264/99 che, precisando ulteriormente le norme in materia di accesso ai corsi universitari, rinnovava l’invito a prevedere “attività di informazione e orientamento degli studenti da parte degli atenei e del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, introduzione graduale dell’obbligo di preiscrizione alle università, monitoraggio e valutazione da parte del citato Ministero dell’offerta potenziale degli atenei” (art. 3, comma d). La svolta sarebbe avvenuta pochi mesi dopo: il Decreto ministeriale numero 509 del 3 novembre 1999, nel regolamentare l’autonomia didattica degli atenei, predisponeva una gamma articolata di interventi orientativi da espletarsi prima, durante e dopo il percorso accademico. Il Decreto Legislativo numero 276/2003 (la cosiddetta “Legge Biagi”), peraltro, ha investito le università del compito di mediare tra il sistema dell’alta formazione e il mondo del lavoro. Numerose sono state le risposte del mondo accademico a questa nuova responsabilità: spiccano, tre le altre iniziative, la costruzione di una banca dati e la progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate all’inserimento lavorativo. Nella Legge 240 del 30 dicembre 2010, vi sono riferimenti espliciti al tema dell’orientamento che sebbene piuttosto ridotti hanno conseguenze molto incisive. In particolare, nel c. 3 dell’articolo 5, alla lettera f), vengono stabilite, tra le condizioni di sopravvivenza, anche finanziaria, dei collegi universitari legalmente riconosciuti, le loro capacità di assicurare agli studenti, oltre che servizi educativi e integrativi dell’offerta formativa, anche percorsi di orientamento in ingresso e in uscita. Nell’articolo 6, poi, a proposito dello stato giuridico del personale docente, la Legge 240 sancisce l’obbligo per professori e ricercatori di ruolo di riservare un certo numero di ore alle attività di orientamento agli studenti, consolidando la già citata tendenza apparsa nei precedenti DD.MM. 270/04, 362/07 e 506/07 sul possibile impiego dei docenti nelle attività di supporto alla didattica.
(Fonte: L. Traetta,metis.progedit.com luglio 2012)