VALUTAZIONE DELLA RICERCA. “HOBBY” DELLA BIBLIOMETRIA Stampa

Da qualche tempo tra i professori universitari di lingua italiana si è diffuso l’hobby della bibliometria. Cosa è la bibliometria? E’ una disciplina scientifica nata non più di 70 anni fa con cattedre, corsi di Phd, decine di riviste internazionali, e che studia con tecniche quantitative i prodotti della ricerca scientifica. Due ambiti particolari di studio sono l’analisi della produttività scientifica (quanti lavori vengono pubblicati) e della diffusione del sapere scientifico attraverso l’analisi delle citazioni. Uno dei passatempi preferiti di molti professori di lingua italiana è dunque produrre classifiche di scienziati, misurando il loro h-index. Non ci sarebbe nulla di male, se le classifiche bibliometriche dei migliori scienziati fossero compilate e fossero oggetto di pettegolezzi e maldicenze tra accademici. Il problema è quando le classifiche fai-da-te diventano lo strumento per mostrare con l’obiettività dei numeri all’opinione pubblica le malattie del sistema universitario occupato dai baroni. Circolano in rete due classifiche dei migliori scienziati italiani, che ogni tanto vengono anche citate dalla stampa. Sono entrambe basate sul più famoso degli indicatori bibliometrici l’indice h: se uno scienziato ha un indica h di 25 significa che ha pubblicato almeno 25 articoli che hanno ricevuto almeno 25 citazioni ciascuno. Valori dell’indice h più elevati dovrebbero quindi individuare scienziati più produttivi e più citati. Una di queste due classifiche mette insieme scienziati delle più differenti discipline, confrontando l’h index di un medico con quello di un fisico con quello di un economista. Tra chi si occupa professionalmente di bibliometria è conoscenza comune che questo modo di procedere è sbagliato. Per la ragione che le modalità di pubblicazione e citazione sono molto diverse nelle diverse discipline. Nella fisica delle alte energie un articolo scientifico può avere centinaia di autori e il capo di una laboratorio produce centinaia di pubblicazioni in un anno che danno luogo ad una quantità molto elevata di citazioni. Che senso ha fare un confronto con uno storico che produce un ponderoso libro frutto di 5 anni  di lavoro? I confronti vanno tra scienziati appartenenti allo stesso campo di ricerca.  Quindi la classifica non ha molto senso perché elimina dall’elenco scienziati produttivi e citati nel loro campo disciplinare, ma che non possono aspirare a valori elevati di h. Una delle frontiere della ricerca bibliometrica è proprio la comparazione corretta tra ambiti disciplinari diversi, ma allo stato attuale non sono disponibili soluzioni semplici e condivise. Secondo problema di queste classifiche: sono basate sul database Google Scholar disponibile liberamente su Web. Si tratta di un database che allo stato attuale non è affidabile.
Ecco alcuni scienziati che se fossero italiani non figurerebbero nella classifica dei TIS (dati Scopus). Charles K. Kao ha un modestissimo h=1, poco più alto quello di George E. Smith che ha un h=5 mentre si ferma a 7 quello di Willard S.  Boy. Questi apparentemente modesti studiosi sono stati insigniti del Premio Nobel per la Fisica nel 2009. Nel 2008 Toshinida Maskawa veniva premiato con il Nobel per la fisica: h-index pari ad 1. Tutti i premi Nobel per l’economia degli ultimi 5 anni hanno un valore di h inferiore a 30, addirittura Leonid Hurwicz (Nobel 2007) si ferma a 7. I tre premi Nobel del 2010 hanno valori di h di 12 (Mortensen), 17 (Pissarides) e 19 (Diamond). Sicuramente Grigori Perelman non entrerebbe nella classifica dei TIS; ha un modestissimo 1. Ha vinto la medaglia Fields nel 2006, l’equivalente del Nobel per i matematici.
(Fonte: A. Baccini, roars 18-06-2012)