RdRU. NE PARLA IL MINISTRO PROFUMO Stampa

Nella bozza di decreto sul merito che finora non è arrivata al Consiglio dei ministri è stata inserita una norma che congela l’abilitazione nazionale fino a tutto il 2014 riesumando i concorsi locali. In sostanza il giudizio su titoli e pubblicazioni dei candidati spetterebbe a una commissione composta di cinque membri: due scelti dall’università, due sorteggiati da una lista nazionale, più un esperto straniero. Toccherà poi all’ANVUR verificare che i prescelti abbiano i requisiti in regola. Ha detto il ministro Profumo: ”Entro il 29 giugno sarà pubblico il bando relativo alle commissioni di concorso, entro l’estate il bando per i candidati. Ci sarà un programma di concorsi universitari per i prossimi quattro anni”. Si è insinuato che ambienti del mondo accademico italiano abbiano fatto forti pressioni affinché il meccanismo dell’abilitazione nazionale venisse bloccato. Le abilitazioni a lista aperta lasciano, infatti, immaginare una platea di abilitati troppo vasta, che andrà a sommarsi agli idonei dei precedenti concorsi ancora in attesa di prendere servizio, e che il sistema non potrà assorbire. Infatti, altre disposizioni limitano drasticamente la possibilità degli Atenei di reclutare. Proprio per questo si ritiene che sarebbe opportuno inserire un vincolo alle abilitazioni, rendendole a numero chiuso: si eviterebbe la concessione di abilitazioni a pioggia e si renderebbe il numero degli abilitati proporzionale alle disponibilità degli atenei. Occorre inoltre consentire ai precari della ricerca di concorrere a parità di condizioni con i ricercatori a esaurimento senza che per questi ultimi vengano costruiti percorsi preferenziali destinati a penalizzare i più giovani. Lo stesso provvedimento potrebbe inoltre fissare una soglia ai posti annuali di abilitati per ogni settore concorsuale. Creando una sorta di "numero chiuso" dei professori ordinari e associati da ammettere alle chiamate locali.
Ma sul tavolo c'è anche l'ipotesi di lasciare il sistema del reclutamento così com'è. L'ultima parola spetterà al ministro Francesco Profumo che, sempre sul tema dei concorsi, ha ribadito: «Entro il 29 giugno avremo la prima fase, cioè le commissioni per i commissari e poi entro l'estate bandiremo, come abbiamo detto, l'abilitazione nazionale». Gli è stato chiesto come pensa di far ripartire concorsi e assunzioni? «La commissaria europea Quinn, che ha incontrato anche il presidente della Repubblica e il presidente Monti, ha evidenziato quattro elementi di debolezza del Paese dal punto di vista dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Uno riguarda la "speranza": se pensiamo ai nostri concorsi universitari è difficile per un candidato che viene da un altro Paese avere le stesse chance di un candidato italiano. Il secondo è la "trasparenza": i nostri bandi sono molto complicati, quasi sempre scritti soltanto in italiano. Il quarto sono i tempi: i nostri sono troppo lunghi. Il terzo è appunto il merito». «Come ci ha detto la commissaria europea, un fattore decisivo è il tempo. Noi dobbiamo dire ai giovani ricercatori quali saranno le prossime scadenze per dare loro delle opportunità. Presenteremo un piano quadriennale, in due tempi. I primi concorsi partiranno già questa estate». Ma l'abilitazione nazionale per accedere alla docenza universitaria, prevista dalla riforma Gelmini, ci sarà o sarà abolita? «L'articolato su cui si sono appuntate le critiche non so da dove sia uscito. Io credo che si debba ragionare e giudicare sulla base di cose certe e non di ipotesi fluttuanti. L'abilitazione c'è. In un primo tempo, procederemo con due bandi per individuare le commissioni nazionali e poi con quattro bandi per i candidati. Ovviamente, dobbiamo fare bandi più semplici, in lingua inglese e che consentano la partecipazione anche a chi è al di fuori del nostro sistema. In questo modo anche una parte di giovani capaci potrà partecipare all'abilitazione, anche se non ha una posizione acquisita. Il merito, appunto, sta nel fatto che i candidati saranno valutati in base ai risultati ottenuti con la ricerca». Se state mettendo a punto nuove norme che riguardano il reclutamento significa che quelle fissate nella Gelmini non funzionano? «Sull'università ci sono due problemi che ci preoccupano. Dobbiamo evitare di avere un listone unico in cui ci sono tutti gli idonei in tutti i settori disciplinari, perché altrimenti il rischio è che si scateni un contenzioso che finisca per bloccare tutto. L'altro problema riguarda gli abilitati: dobbiamo fare in modo che siano assunti, non possiamo creare aspettative che verranno poi deluse». Sta pensando a un’abilitazione con un numero chiuso? «No, a tutti va data l'opportunità di una chance ma con delle cadenze che dovremo fissare in base alle esigenze delle università». Dunque il ministro Profumo teme una proliferazione di abilitati che poi pretenderebbero il «posto fisso». Ma per evitare questo, bastava consentire all'ANVUR di alzare essa stessa l'asticella, come giustamente vorrebbe fare tra mille opposizioni indebite, e soprattutto dare un chiaro segnale di impegno a lasciare a casa gli abilitati non chiamati da alcun ateneo. Invece di dare questo segnale, il buonismo ministeriale ha ipotizzato una nuova procedura apparentemente sensata, ma soggetta al forte rischio di ributtare il sistema nel mare degli abusi che fino ad ora ha conosciuto. Il ministro vorrebbe che prima le università scegliessero chi chiamare in base al loro budget e che poi, a scelte fatte, l'ANVUR certificasse la loro bontà, con tagli ai finanziamenti degli atenei di cui l'ANVUR ritenesse inadeguate le chiamate. Ma la certificazione ex post oltre ad essere molto onerosa per l'ANVUR, che dovrebbe ricontrollare l'operato di ogni commissione locale, ripetendo un lavoro già fatto, sarà fortemente soggetta a pressioni per evitare dinieghi. Se è così difficile non assumere gli abilitati rifiutati dagli atenei, pensa davvero il ministro che sia più facile considerare inadeguati i professori già nominati come vincitori dalle nuove commissioni concorsuali? Imboccare una nuova strada serve davvero o è cambiare tutto affinché nulla cambi? E poi basteranno nuove norme per il reclutamento a sbloccare le assunzioni, quando i limiti di spesa cui le università si devono attenere hanno, di fatto, introdotto restrizioni forti rispetto al turn over? «C'è un piano straordinario per gli associati, per cui sono state stanziate risorse importanti: 76 milioni lo scorso anno, 90 milioni per l'anno 2013-14, poi le università hanno le loro disponibilità. Io credo che con una continuità di programmazione il sistema possa ripartire».  Infine il 5 giugno il ministro pare abbia definitivamente sgomberato il campo da fraintendimenti, escludendo ogni ritorno ai concorsi locali e confermando l'intenzione di ricorrere all'idoneità nazionale.
(Fonti: Il Sole24Ore, Corsera, L’Unità 4-5-6 giugno 2012)