RICERCA. L’ITALIA RICEVE DALL’EUROPA SOTTO FORMA DI FINANZIAMENTI PER LA RICERCA CIRCA LA METÀ DI QUELLO CHE VERSA Stampa
Francesco Profumo, nel suo intervento all’incontro organizzato dalla FLC-CGIL presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal titolo “ANVUR e politiche di sistema”, ha sottolineato alcune criticità del sistema della ricerca in Italia ed ha ricordato come l’Italia riceva dall’Europa sotto forma di finanziamenti per la ricerca circa la metà di quello che versa. Il dato: in pratica l’Italia, attraverso la Comunità Europea, finanzia la ricerca di altri paesi in misura pari o maggiore alla propria. Il (tenue) collegamento tra il dato citato dal Ministro e la valutazione delle istituzioni deputate alla ricerca sarebbe il seguente: la valutazione ANVUR ha lo scopo di rendere più competitiva la ricerca italiana, spronando la competizione tra le istituzioni. La ricerca italiana irrobustita da questa iniezione di competitività interna diventerebbe più competitiva anche nei confronti delle istituzioni degli altri paesi d’Europa e riuscirebbe a strappare maggiori finanziamenti. Tra le varie cose che si potrebbero dire in merito ne cito una sola: l’Italia ha la metà degli addetti alla ricerca della Francia e un terzo di quelli della Germania in rapporto alla popolazione (dati della World Bank). Se si tiene conto di questo punto, il dato del Ministro Profumo assume un preciso significato: l’Italia finanzia la ricerca Europea in proporzione al PIL e riceve indietro finanziamenti dall’Europa in  proporzione al numero di ricercatori che ha. Per riottenere il 100% di quanto l’Italia versa all’Europa, ciascun ricercatore italiano dovrebbe ottenere in media il doppio dei finanziamenti che ricevono i suoi colleghi francesi o tedeschi. La situazione reale è peggiore di come esce dalle nude cifre: poiché la grande maggioranza degli addetti alla ricerca in tutti i paesi europei lavora nelle Università, averne la metà degli altri in rapporto alla popolazione implica che i ricercatori italiani siano anche più gravati di obblighi didattici dei loro colleghi stranieri e abbiano quindi meno tempo da dedicare alla ricerca.
(Fonte: A. Bellelli, roars 25-05-2012)