LAUREE FINTE Stampa
Il presunto scandalo delle lauree “comprate” di noti personaggi politici ha suscitato un’ondata di sdegno e d’ironia. Queste lauree “finte” non fanno per niente a pugni con una diffusa etica del sapere, ma anzi compendiano perfettamente una visione dell’”istruzione” che in Italia è persino maggioritaria – la visione di quell’Italia che individua nell’avere o meno una laurea un elemento fondamentale di discrimine sociale. Quello che queste élites prefigurano è piuttosto una società burocratizzata in cui si deve avanzare solo per titoli ed esami – considerati gli unici elementi oggettivi di “meritocrazia”, rispetto alla presunta vocazione “anticulturale” di un libero mercato che “tollera” che un idraulico guadagni più di un laureato in conservazione dei beni culturali. La cultura del valore “intrinseco” del titolo di studio non provoca solo tentativi patetici di comprarsi una laurea “privata” tanto per anteporre un qualche prefisso al cognome, ma fa sì che l’intero sistema universitario pubblico diventi sempre più un “diplomificio”. Contro questa inflazione cartacea, occorre affermare una visione più ampia di società della conoscenza e difendere un’idea d’istruzione che non s’identifichi con, né si riduca a un processo di educazione formale. Occorre riscoprire la bellezza di studiare per imparare e per migliorarsi, più che per appendere una pergamena alla parete – sapendo che in un mondo globalizzato e competitivo servirà soprattutto saper fare le cose.
(Fonte: libertiamo.it 16-04-2012)