VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO. SINTESI DEL PARERE DELLA VII COMMISSIONE DEL SENATO Stampa
L’abolizione del valore legale della laurea richiederebbe un massiccio intervento legislativo tutt’altro che semplice su un’architettura normativa stratificatasi in molti decenni. Anche se non esiste nessuna precisa disposizione di legge da cui derivi il valore legale dei titoli di studio, le leggi a esso collegate da modificare sono molte: quelle riguardanti l’accesso agli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate; le leggi e i regolamenti riguardanti l’accesso agli ordini professionali per le professioni non regolamentate; le leggi i regolamenti e i decreti ministeriali riguardanti le assunzioni e le carriere nella pubblica amministrazione; le leggi e i decreti ministeriali riguardanti l’Ordinamento Universitario (relative ai requisiti minimi per l’accreditamento delle università, ai programmi dei corsi di laurea, al reclutamento dei docenti, alla definizione delle classi di laurea, eccetera). Questa complessa struttura legislativa è sostanzialmente dovuta al fatto che il sistema universitario del nostro Paese è in gran parte costituito da università statali. È ovvio che lo Stato non possa fare differenze tra, ad esempio, il laureato nell'università statale di Palermo e il laureato nell'università statale di Bologna, circa la possibilità di accedere alle professioni regolamentate (quelle esercibili solo dopo aver superato un esame di Stato: dottore in medicina, avvocato, ingegnere, eccetera), o circa la possibilità di accedere agli Ordini professionali, o ancora circa la possibilità di assunzione nella Pubblica Amministrazione. L'identico valore riconosciuto ai titoli di studio rilasciati dalle varie università statali ha inevitabilmente comportato una forte centralizzazione e uniformità del sistema universitario italiano, realizzata appunto mediante l'articolata struttura legislativa di cui si è detto. I fautori dell’abolizione del valore legale della laurea nel nostro Paese intendono in nome dell’autonomia universitaria eliminare il controllo dello Stato sull’alta formazione, sostituendolo con un sistema indipendente di accreditamento e valutazione degli atenei che dovrebbe elaborare con adeguata tempestività un “rating”, cioè una pagella per tutti i corsi universitari. Per inciso, sistemi di accreditamento delle università sono sempre presenti nei Paesi, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove il diploma di laurea non ha valore legale. In linea di principio non ci sarebbero obiezioni a questo subentro. Tuttavia finora nel nostro Paese non è mai entrato in funzione alcun sistema indipendente di accreditamento; sta ora muovendo i primi passi l’ANVUR, l’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca, ma tale Agenzia oggi non è ancora in grado di effettuare un tempestivo accreditamento dei corsi di laurea. Abolire ora il valore legale della laurea significherebbe quindi eliminare il controllo dello Stato sulla formazione superiore, mentre non è ancora in funzione un adeguato sistema di accreditamento.
(Fonte: sintesi del parere della VII Commissione del Senato, Camplus 18-04-2012)