L’ANOMALIA AMERICANA: SISTEMI SANITARI USA ED EUROPEI A CONFRONTO Stampa

CONVEGNO Promosso dall’Associazione “Almae Matris Professores Emeriti - AMPE”

Programma:

Prof. Em. Giorgio Freddi: Introduzione

Prof. Federico Toth: I modelli europei

Prof. Em. Giorgio Freddi: La totale diversità del caso americano rispetto alle esperienze europee (v. sotto la sintesi della relazione**)

Martedì 8 maggio 2012 ore 16

Accademia delle Scienze – Via Zamboni, 31 – Bologna

 

**I SISTEMI SANITARI EUROPEI E STATUNITENSE A CONFRONTO

Il sistema sanitario americano costituisce un caso decisamente anomalo fra i paesi OCSE: gli Stati Uniti sono infatti l’unico paese tra quelli a economia avanzata in cui non vi sia alcuna forma di assicurazione sanitaria obbligatoria. Negli altri paesi maggiormente industrializzati, la totalità o perlomeno la grande maggioranza della popolazione è coperta obbligatoriamente contro i rischi di malattia. In alcuni paesi - tra cui l’Italia, il Regno Unito e la Svezia - è stato istituito un servizio sanitario nazionale, ovvero un sistema pubblico, finanziato principalmente dalla fiscalità generale, che garantisce a tutti i cittadini un’ampia gamma di prestazioni sanitarie gratuite o semi-gratuite. Altri paesi - ad esempio la Germania, la Francia o il Giappone - adottano invece il modello Bismarckiano dell’assicurazione sociale di malattia: esso si fonda sul principio per cui alcune categorie di lavoratori sono obbligate dal governo a sottoscrivere una polizza sanitaria; in tali sistemi, a fungere da assicuratore non è quindi direttamente lo stato, bensì una pluralità di casse di malattia no profit, che raccolgono i contributi dei lavoratori su base categoriale o territoriale.

A differenza di quanto è avvenuto in Europa occidentale, negli Stati Uniti tutti i tentativi di introdurre a livello nazionale un’assicurazione sanitaria obbligatoria sono finora sempre falliti. Anche per la mancanza di uno schema assicurativo obbligatorio che copra la maggioranza della popolazione, il sistema sanitario statunitense è andato evolvendosi come un patchwork disordinato e sconnesso di programmi pubblici (Medicare, Medicaid, SCHIP) e di schemi privati di assicurazione. Perché gli USA, che sono i leader mondiali nella ricerca medica, che hanno creato le più straordinarie strutture diagnostico-terapeutiche del pianeta, spendono il doppio degli europei per proteggere a mala pena il 70% della popolazione, e si caratterizzano non solo per livelli eccezionalmente bassi di efficienza ed efficacia, ma anche per un’insoddisfacente qualità dell'assistenza e, quindi, della salute della popolazione?

La risposta è da ricercare nella comparazione storica della medicina moderna in Europa e in America. Entrambe sono passate attraverso i medesimi stadi di sviluppo: creazione della medicina scientifica, transizione da un’assistenza elitaria a una di massa, managerializzazione della sanità. Medesimi gli stadi di sviluppo, differenti i modi con cui sono stati percorsi. Il risultato è che, negli USA, il milieu sanitario esercita un monopolio assoluto sulla professione medica, con il doppio obiettivo della massimizzazione dei profitti e dell'esclusione del ruolo gestionale dello stato. Un monopolio dapprima esclusivamente corporativo esercitato dall'American Medical Association fino agli anni Settanta del secolo scorso, e da allora allargato in una più flessibile e inclusiva struttura nella quale, non a caso chiamata Medical Industrial Complex, oltre ai medici, sono confluiti finanzieri, manager, l'industria farmaceutica e medicale e le compagnie di assicurazione. Monopolio che ha resistito con risultati schiaccianti ai tentativi di intaccarlo portati da vari presidenti, a cominciare da Harry Truman. Monopolio per la prima volta sfidato frontalmente dal progetto di riforma del presidente Obama e dallo stesso formalmente ridimensionato ma, di fatto, ancora una volta riemerso come invulnerabile.
(Giorgio Freddi, Bologna, Aprile 2012)