RICERCA. LA SFIDA DELLA PRESENTAZIONE DI UN PRIN 2011 Stampa
Quello che caratterizza il bando PRIN 2011 si può riassumere in tre punti: diminuzione complessiva del finanziamento alla ricerca; distribuzione nettamente sperequata delle risorse a danno delle discipline socio-umanistiche; macchinosità estrema di un meccanismo di selezione a due stadi, di cui il primo a livello locale, di singola università, con conseguente storno di energie e attenzione dalla redazione di buoni progetti (il compito di un ricercatore che si rispetti) al calcolo col bilancino dei presupposti di tipo ‘politico’ per la loro approvazione locale. Già questo comporta un’inutile interferenza e un controproducente appesantimento dell’elaborazione di progetti che dovrebbero essere guidati unicamente da considerazioni di validità scientifica. Le interferenze e gli appesantimenti, però, non si fermano qui e continuano a ostacolare il lavoro di chi ha accettato la sfida della presentazione di un PRIN 2011 e che magari vorrebbe disporre di regole semplici, chiare, ben definite fin dall’inizio, in modo da poterle digerire una volta per tutte e non pensarci più, almeno mentre sta scrivendo il proprio progetto. Pia illusione. Man mano che si va avanti nella compilazione si scoprono particolari stupefacenti, che seriamente fanno dubitare che chi ha redatto questo bando e stabilito queste regole sappia alcunché di ricerca scientifica. Un appello, per concludere, al governo: sarebbe possibile estendere all’università e alla ricerca quei piani di semplificazione, snellimento e maggiore efficienza che così meritoriamente il governo sta tentando di avviare in altri settori della vita pubblica e privata italiana? Regole poche, regole semplici, non drammaticamente contrarie al buon senso, regole fatte per agevolare, non per inchiodare le persone a scrivere progetti per due mesi con scarse prospettive di ottenere ciò che serve per il proprio lavoro.
(Fonte: G. Abbatista,  roars 24-02-2012)