RETRIBUZIONI. RICERCATORI UNIVERSITARI A TEMPO INDETERMINATO NON CONFERMATI. RETRIBUZIONE D’INGRESSO Stampa

Il Governo è stato delegato dalla legge 240/10 a mettere mano alla retribuzione dei ricercatori universitari a tempo indeterminato non confermati (c.d. RUNC, circa 1700 ricercatori), per porre rimedio a una retribuzione d’ingresso in ruolo molto bassa, per di più “stabilizzata” nel tempo per effetto del blocco degli scatti. Ma il provvedimento del Governo, appena varato (08-03-12), rischia di moltiplicare i problemi, invece di risolverli. Con il varo del provvedimento citato le misure per la “valorizzazione” dei RUNC al primo anno di servizio sono oramai legge dello Stato, ma il testo tradisce molte delle aspettative alimentate in questi mesi, e sembra restringere (di molto) il novero dei “beneficiati” dall’adeguamento della retribuzione. Recita, infatti, l’art. 16 del decreto:
"1. Ai ricercatori universitari non confermati a tempo indeterminato che si trovano nel primo anno di attività alla data di entrata  in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e’ riconosciuto, fin dal primo anno di effettivo servizio, il trattamento  economico  di  cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 31  gennaio  2005,  n.  7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
2. Il trattamento economico di cui al comma 1 e’ riconosciuto  per la sola parte del primo anno di  servizio  successiva  alla  data  di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
3. All’onere derivante dall’applicazione del comma  1  si  provvede nel limite massimo di 11 milioni di euro a valere  sulle  risorse  di cui all’articolo 29, comma 22, primo periodo, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.”
Dunque, l’adeguamento del trattamento economico sembra spettare ai soli RUNC che si trovavano già in servizio (ma ancora nel primo anno di attività) alla data di entrata in vigore della legge 240/2010 (cioè, il 29 gennaio 2011) [comma 1], e limitatamente ai mesi di servizio successivi a tale data [comma 2]. Niente invece, a leggere la disposizione, per i ricercatori a tempo indeterminato che hanno preso servizio dopo il 29 gennaio 2011 (e sono alcune centinaia). Ma niente nemmeno per chi avesse preso servizio tra il 1° e il 28 gennaio 2010: costoro non hanno potuto maturare lo scattone del 2° anno al 31/12/2010, ma all’entrata in vigore della 240 (29 gennaio 2011) non erano più nel primo anno di servizio.
Si tratta, in altri termini, di un adeguamento stipendiale che opererebbe a macchia di leopardo, in maniera del tutto casuale, e che non solo lascerebbe fuori alcuni soggetti che hanno maturato i medesimi requisiti PRIMA dell’entrata in vigore della disciplina che dispone l’adeguamento stipendiale (il che è spiacevole, sostanzialmente ingiusto, ma che – nel gioco della successione delle leggi nel tempo – ci può stare), ma lascerebbe fuori anche molti soggetti che hanno maturato i medesimi requisiti DOPO l’entrata in vigore di tale disciplina. Il che è francamente sconcertante, privo di logica, e del tutto arbitrario (e costituzionalmente illegittimo, quindi).
Ora la palla passa agli atenei; e non potrebbe passare in mani peggiori, di questi tempi. Molti atenei stanno da qualche tempo negando diritti e riconoscimenti economici oramai pacifici in sede giurisdizionale (come, ad. es., nel caso della ricostruzione di carriera per gli assegni di ricerca, ex art. 103 del D.P.R. 11.7.1980, n. 382), costringendo i diretti interessati a dispendiosi e defatiganti ricorsi. Il timore è che anche questa vicenda possa finire per favorire le pratiche dilatorie di quegli atenei che si sono dimostrati meno propensi ad assecondare la legge (se ciò è finanziariamente sconveniente).
Per altro, il testo del decreto non fornisce indicazioni precise nemmeno per quanto riguarda il blocco dello stipendio. Certo, la disposizione stabilisce che la retribuzione “valorizzata” spetta ai ricercatori interessati “fin dal primo anno di servizio”. Ma, anche qui, non è del tutto scongiurato il rischio che gli atenei si limitino a riconoscere l’adeguamento per i mesi “imposti” dal decreto, salvo però mantenere ferma la retribuzione al livello del 31/12/2010 per tutto il periodo restante (con un curioso effetto di up and down del trattamento economico).
L’applicazione del decreto secondo l’interpretazione fin qui paventata (la più aderente al testo) determinerebbe, dunque, nuove, evidenti disparità di trattamento, senza sanare (se non in minima parte, e solo per alcuni) gli effetti del blocco delle retribuzioni per i ricercatori a tempo indeterminato neoassunti.
Il ministero, in primo luogo, ha a questo punto ha il dovere di chiarire (meglio di quanto abbia fatto il decreto) destinatari, portata ed effetti dell’adeguamento della retribuzione dei ricercatori universitari al primo anno di attività, nel senso di un’applicazione non discriminatoria, ed effettivamente risolutiva dei gravi problemi determinati dal blocco triennale degli scatti. Gli elementi a supporto di una più “sensata” linea di interpretazione non mancano, sia nella legge delega, sia nello stesso d.lgs. n. 19/2012 (che ai sensi dell’art. 2 comma 2, dispone “la valorizzazione della figura dei ricercatori non confermati per il primo anno di attività attraverso la revisione del rispettivo trattamento economico”). Si tratta di darvi seguito. In questo senso, molto dipenderà anche dall’atteggiamento degli atenei: anche qui, l’auspicio è che ragioni di giustizia, di equità e di ragionevolezza, possano prevalere sull’interesse (di corto respiro) al risparmio, tanto più che le risorse per fare fronte a questi adeguamenti retributivi risultano già distribuite alle università nella ripartizione del FFO per il 2011 (cfr. l’art. 13 del DM 439/2011).
(Fonte: B. Ponti, roars 13-03-2012)