RIFORMA. GLI ELEMENTI DI ROTTURA NELLA RIFORMA GELMINI Stampa

Il ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca Maria Stella Gelmini difficilmente potrà essere accusata di essersi limitata al quieto vivere. In un periodo di strisciante e generalizzato decadimento del Paese, lo sforzo compiuto dal ministro Gelmini è quantomeno sufficiente a distinguerla, in meglio, da coloro che hanno assistito passivamente a quel decadimento, negli ambiti di rispettiva competenza. Gli elementi più significativi di rottura del ministero Gelmini rispetto al passato, quelli per cui della Gelmini non ci dimenticheremo, sono almeno tre.
Innanzitutto, è stato il primo ministro dell'Università a cercare di scardinare il principio secondo cui i professori universitari possono fare quel che vogliono (in particolare non fare nulla), senza alcun tipo di valutazione che abbia conseguenze sulla loro retribuzione e sulle loro carriere. Ha eliminato gli scatti di anzianità per i docenti, e ha previsto incentivi e disincentivi economici basati sulla qualità del singolo; ha introdotto dei requisiti di produttività scientifica per la partecipazione alle commissioni che devono decidere accessi e promozioni alla carriera accademica; ha disegnato un sistema ispirato alla tenure track anglosassone per le fasi iniziali di questa carriera; ha messo in funzione stabile l'Anvur cui è stato affidato il compito di valutare l'intero sistema universitario non solo per quel che riguarda la ricerca, ma anche per quel che riguarda la didattica, e ha legato esplicitamente a questa valutazione l'attribuzione di una quota dei finanziamenti agli atenei tendenzialmente crescente.
Il secondo elemento significativo di rottura rispetto al passato è stato il tentativo di superare l'assurda schizofrenia tra i dipartimenti (cui era affidata la ricerca, ma non la possibilità reale di assumere i ricercatori che avrebbero dovuto farla) e le facoltà (cui era affidata la didattica e il vero potere di controllo sulle assunzioni e le carriere, che quindi erano gestite non pensando alla ricerca ma solo, appunto, alla didattica).
Il terzo elemento di rottura è consistito nei tagli al Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) che rimarranno per sempre associati al nome della Gelmini. Tagli pesanti nell'entità (-3,7% nel 2010; —7,4% nel 2011 e —12,5% come valore stimato per il 2012), ma soprattutto assolutamente scollegati da qualsiasi valutazione individualizzata dei meriti, dei comportamenti e dei bisogni. Per
Una potatura pesante era (e continua a essere) necessaria per tagliare i rami secchi e far crescere meglio quelli che possono dare frutto. La colpa che invece è imputabile alla Gelmini è di non aver potato per far crescere: ha rasato indiscriminatamente. Sebbene la sua riforma abbia iniziato a introdurre, seppure in modo ancora limitato, alcuni importanti indicatori di qualità della ricerca e della didattica per la determinazione della quota premiale dell'Ffo, quest'ultima è ancora troppo modesta e la sua attribuzione disegnata in modo troppo complesso, poco trasparente e quindi difficilmente in grado di generare un’effettiva pressione verso comportamenti virtuosi, anche nei pochi casi in cui gli indicatori prescelti sono quelli giusti.
In conclusione, ricorderemo Maria Stella Gelmini per tre importanti elementi di rottura con il passato, che nelle intenzioni potevano avere significativi e dirompenti effetti positivi, ma che purtroppo, quando le bocce si fermeranno, temiamo non avranno portato grandi benefici. Nonostante questo, le va dato atto di aver provato a cambiare la partita, di non aver accettato per quieto vivere il proseguire del degrado. E la sua «bocciata» potrebbe fornire l'occasione per cambiare realmente, prendendo sul serio i principi dell'autonomia e della valutazione, aumentando la responsabilizzazione degli studenti, avendo fiducia nella loro capacità di scelta; e recuperando nuove risorse da un maggiore coinvolgimento di coloro che da una migliore università trarranno i maggiori benefici.
(Fonte: A. Ichino e D. Terlizzese, Il Mulino 01/2012)