IL MODELLO AMERICANO E IL VALORE LEGALE DELLA LAUREA Stampa
In un documentato pamphlet (La regina e il cavallo) l'economista Salvatore Rossi, oggi vicedirettore di Bankitalia, spiegava che la società americana deve in qualche misura il suo dinamismo a un sistema universitario che funziona. E che funziona non perché è privato, come alcuni liberisti incalliti sostengono superficialmente. Università prestigiose, tra cui quella di Berkeley, sono di proprietà pubblica. Il sistema funziona perché si fonda su regole di mercato: le università si disputano i docenti migliori con totale autonomia retributiva. L'equilibrio finanziario è assicurato da rette elevate e da un esteso meccanismo di donazioni, fiscalmente incentivato. Nel contempo, una quota cospicua delle risorse statali e federali finanzia direttamente gli studenti attraverso borse di studio e prestiti d'onore, anziché le università (da noi avviene il contrario). Tutte cose note, si dirà. Meno noto, forse, è che nel Paese di Obama la spesa pubblica che va all'istruzione postsecondaria è, in rapporto al Pil, di gran lunga superiore a quella italiana. Nessuna sorpresa, comunque, se dalle graduate schools statunitensi viene buona parte della ricerca di eccellenza che si fa sul pianeta. Questo modello esclude sia il valore legale del titolo di studio sia il ruolo unico pubblico dei professori universitari. Il primo presuppone e, insieme, determina il secondo. Il valore legale del titolo di studio, infatti, implica lo status di impiegati pubblici di chi deve rilasciarlo. Come osserva ancora Rossi, essi difendono una realtà corporativa e fintamente egualitaria. E in una realtà in cui tutti i diplomi sono uguali per legge, tutti gli studenti parimenti liberi di parcheggiarsi nelle aule di ogni Ateneo, a tempo indeterminato e a prezzi politici (ma non per i più svantaggiati), il rischio che la mediocrità e l'ignoranza prevalgano è forte. Per queste ragioni appartengo alla ristretta minoranza (fin qui) dei "sedicenti fautori" - come li definisce Figà Talamanca - dell'abolizione del valore legale del titolo di studio, fatta salva la necessità di una certificazione pubblica per l'esercizio di professioni legate alla salute e all'incolumità dei cittadini.
(Fonte: M. Magno, Il Riformista 01-02-2012)