UNIVERSITA’ DISCRIMINATE? LE OPINIONI DI UN GIORNALISTA Stampa

Il presidente Mario Monti, che conosce bene l'università, sa che il valore legale della laurea è una cosa ridicola: troppa disparità fra università che regalano centodieci e lode come caramelle e università che si ispirano a criteri di eccellenza. Da qui, l'idea che nelle selezioni dei concorsi pubblici sia più importante l'ateneo dove ci si è laureati che il voto di laurea. Si fa così in quasi tutto il mondo. Non si capisce perciò la perplessità manifestata dal ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri e dal ministro della Giustizia Paola Severino. Speriamo almeno che il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo sia d'accordo con Monti.
Del tutto immotivate poi le reazioni di chi, demagogicamente, afferma che l'abolizione del titolo legale della laurea incrementa le diseguaglianze sociali ed economiche: «Se questo principio fosse approvato, ci sarebbero milioni di studenti tagliati fuori dalla possibilità di diventare classe dirigente di questo Paese solo perché senza risorse economiche o perché nati in zone disagiate". Non è vero, sono fandonie.
La vera discriminazione sociale è quella attuale. La nostra è un'università di massa non fondata sul merito, resa ancora più fragile dalla sciagurata riforma del cosiddetto 3 + 2. Vi si entra quasi sempre senza test (la famose e terribili application delle università americane) e per quanto i professori non siano al top è difficile lavorare con persone che, in media, non sanno scrivere una ricerca di quattro paginette. Come dimostra una recente ricerca della Fondazione Agnelli, la laurea "breve" è poco più di carta straccia. Così, i più abbienti possono permettersi master qualificanti all'estero, alla faccia dei poveri illusi. Il merito (riguarda anche il reclutamento della docenza) è l'unica condizione che permette ai meno abbienti di prendere l'ascensore sociale e di affrancarsi dalla loro condizione. Invece di aprire le ridicole università sottocasa (maturità significa anche uscire dalla famiglia a 18 anni, andare altrove, misurarsi con il diverso) bisognava garantire borse di studio e prestiti ai necessitanti.
(Fonte: A. Grasso, Corsera 02-02-2012)