UNIVERSI-DAD. GLI ACCADEMICI ITALIANI E LA DIDATTICA A DISTANZA DURANTE L’EMERGENZA COVID-19 Stampa

Nel mese di giugno 2020 è stata condotta una ricerca nazionale sulla didattica fatta durante il semestre dell'emergenza. È stato intervistato un campione di 3.398 professori e ricercatori delle università statali che hanno risposto ad un articolato questionario online. La ricerca ha fatto affiorare una chiara polarizzazione tra gli accademici italiani. Come abbiamo visto, quasi la metà dei docenti non vede l'ora di tornare allo status-quo-ante. Non vuole mantenere niente dell'esperienza fatta con la didattica a distanza. Questa reazione è del tutto giustificata, vista la mancanza di formazione e la situazione emergenziale in cui hanno maturato il loro primo incontro con le nuove piattaforme tecnologiche. L'altra metà, invece, risulta disponibile a sperimentare forme di didattica mista, a sperimentare cioè un ambiente formativo integrato in cui la didattica in presenza venga arricchita da strumenti e attività formative online. Al di là di questa polarizzazione, ci sembra però che la survey metta in luce un orientamento di fondo che non è di chiusura aprioristica verso le nuove tecnologie e modalità didattiche. Al contrario, seppure senza ingenuità e automatismi, molti docenti ritengono che quest'ultime possono aiutare a conseguire meglio i 4 obiettivi posti dal quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione ("ET 2020"): 1. fare in modo che l'apprendimento permanente e la mobilità divengano una realtà; 2. migliorare la qualità e l'efficacia dell'istruzione e della formazione; 3. promuovere l'equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; 4. incoraggiare la creatività e l'innovazione, compreso lo spirito imprenditoriale, a tutti i livelli dell'istruzione e della formazione. (F: F. Ramella e M. Rostan, Unires e Centro Luigi Bobbio, Cps-Unito, 1/2020, Working Papers CLB-CPS)