CANCEL CULTURE. IL NUOVO CONFORMISMO CENSORIO Stampa

Ha avuto una notevole eco internazionale la lettera dei 150 intellettuali — da J. K. Rowling a Salman Rushdie, da Noam Chomsky a Francis Fukuyama — che, su Harper's Magazine, hanno denunciato la deriva presa negli Stati Uniti (ma anche in Inghilterra e Canada) dai movimenti di protesta contro la discriminazione razziale. Dalla distruzione delle statue di personaggi storici investiti dall'accusa di schiavismo (che ha lambito perfino Abraham Lincoln) si è infatti rapidamente passati a un atteggiamento intollerante sul piano delle idee, che mina alla radice la stessa libertà di espressione. In ossequio al nuovo conformismo censorio, che individua e colpisce i suoi nemici attraverso aggressive campagne sui social, negli Stati Uniti sono stati licenziati o costretti a dimettersi giornalisti e professori universitari, mentre autori di libri o articoli giudicati non politicamente corretti se ne sono visti rifiutare la pubblicazione. Questa nuova cancel culture, come viene chiamata, è stata paragonata ad alcune esperienze del passato: ad esempio, alle aspirazioni iconoclaste della Rivoluzione francese, anch'essa in guerra con una storia che veniva respinta in blocco in quanto ricettacolo dei privilegi dell'antico regime.
Sono paragoni non privi di fondamento per movimenti che finora hanno solo lambito l'Europa continentale con qualche statua imbrattata di vernice qua e là (quella di Montanelli a Milano, una raffigurante Colbert a Parigi). Ma non sono purtroppo gli unici paragoni possibili, se stiamo ad alcuni recenti episodi, apparentemente minori ma che indicano un passo ulteriore nelle tendenze censorie della cancel culture. Sta avvenendo infatti che alcuni libri che narrano storie che hanno per protagoniste persone di colore vengano rifiutati dagli editori solo perché quelle storie sono state immaginate e scritte da autori bianchi. (F: G. Belardelli, CorSera 30.07.20)