UN MERCATO DEI CERVELLI NON AUTARCHICO Stampa

Domanda: Sono numerosi i cervelli italiani che espatriano. Le pongo tuttavia una domanda: i Paesi che «importano» tali cervelli sono così privi di grandi menti da dover ricorrere all'Italia? Se sì, significherebbe che le nostre università possiedono metodologie d'insegnamento veramente al top. (C. Radollovich)
Risposta: Le università italiane hanno parecchi difetti, fra cui quello di accettare studenti mal preparati e poco motivati che riceveranno una laurea caritatevole dopo avere parcheggiato per qualche anno nei cortili e nei corridoi di un Ateneo. Ma non hanno mai smesso di formare contemporaneamente ricercatori e studiosi che sono perfettamente in grado di trovare impiego in istituzioni accademiche, laboratori e aziende straniere. Chi vuole studiare seriamente può trovare nelle nostre facoltà un ambiente favorevole alla sua vocazione e alle sue ambizioni. Negli anni del grande boom finanziario la City londinese aveva un buon numero di giovani italiani che provenivano dalla Bocconi e da altre scuole di economia della penisola. I grandi centri scientifici degli Stati Uniti continuano a reclutare italiani, spesso specializzati nei settori più avanzati della ricerca. Questo non significa tuttavia che i Paesi stranieri in cui gli italiani trovano un'occupazione scarseggino di talenti nazionali. Il «mercato dei cervelli», soprattutto nei maggiori Paesi anglosassoni, non è fondato sul principio autarchico secondo cui lo straniero è reclutato soltanto se non esiste un indigeno idoneo. Quando hanno bisogno di un dirigente, di un esperto o di uno scienziato, le grandi istituzioni e le grandi imprese chiedono ai candidati di provare la loro competenza e la loro buona conoscenza dell'inglese. Ma non sono interessati ai loro passaporti e alla loro nazionalità. Da noi gli incarichi sono generalmente affidati con altri criteri: le amicizie familiari, le clientele politiche, la successione dinastica e, nella migliore delle ipotesi, la cooptazione. E questa una delle principali ragioni per cui molti talenti italiani preferiscono emigrare.
(Fonte: S. Romano, Corsera 11-01-2012)