IL MODELLO UNIVERSITARIO STATUNITENSE E LE TRADIZIONI EUROPEE Stampa
Secondo un articolo pubblicato dal ricercatore Atle Nyhagen, dottorando del dipartimento di amministrazione e teoria dell’organizzazione presso l’Università di Bergen in Norvegia, sul sito universityworldnews.com lo scorso 15 gennaio, l’istruzione e la ricerca stanno subendo un processo di internazionalizzazione e globalizzazione sempre più massiccio. In questo processo gli Stati Uniti hanno da tempo fissato i termini del dibattito, soprattutto nel campo della ricerca. I riferimenti alle università d’elite degli Stati Uniti s’incontrano spesso nei discorsi degli attori centrali del settore dell’istruzione superiore e nella politica di settore della ricerca.  Il sistema americano – l’alta qualità delle università di ricerca degli Stati Uniti, la varietà delle istituzioni e la loro capacità di definire l’agenda di ricerca a livello mondiale – viene presentata come modello esemplare per l’Europa, che deve imparare e forse anche copiare dall’America. Il potenziale europeo di sviluppo verso l’assunzione di un ruolo più importante nella competizione per la leadership globale nel campo della ricerca universitaria risiederebbe nell’adozione di un sistema più diversificato, simile a quello americano. Copiando e ponendosi finalmente in concorrenza con le università degli Stati Uniti, la speranza è che l’Europa possa avere successo nel confronto sia con l’Oriente, che con il modello ideale occidentale. Quello che negli Stati Uniti è stato il risultato di un lungo processo storico, deve essere utilizzato come guida per fare cambiamenti radicali in Europa in tempi molto più brevi. I sistemi dei due Paesi sono frutto di differenti percorsi storici, richiedono diversi tipi di riforme e reagiscono in modo diverso alle relazioni mutevoli tra conoscenza e la politica. Di conseguenza, la presenza del modello statunitense, almeno nel dibattito politico sulla riforma universitaria, è principalmente incentrata sulla concorrenza e la concentrazione delle risorse. L’aumento della concorrenza tra le istituzioni e una più selettiva canalizzazione delle risorse delle istituzioni ad alto livello dovrebbe porre rimedio ad alcuni degli effetti creati dell’organizzazione del settore universitario, in cui l’Europa e suoi Stati-nazione sono in ritardo nella classifica mondiale. L’altra faccia della medaglia è che questa competizione rischia di minare i valori centrali su cui si basa la maggior parte degli Stati europei. La maggior parte dei sistemi d’istruzione superiore in Europa ha affrontato in maniera egualitaria e paritaria la distribuzione e l’assegnazione delle risorse tra le istituzioni, creando così una maggiore dispersione e una minore concentrazione delle risorse. Si potrebbe quindi sostenere che la tradizione europea basata sulla distribuzione della conoscenza è minata alla base dal nuovo ambiente competitivo previsto dalla riforma universitaria in corso. La spinta verso una maggiore concentrazione delle risorse va affrontata in concomitanza ai pesanti tagli di bilancio dovuti alla forte crisi economica e l’università si trova nella necessità di trovare percorsi alternativi di reddito per finanziarsi. Infine, la diseguaglianza che deriva dalla sempre maggiore concorrenza e la conseguente creazione di gerarchie mettono in discussione lo status e l’autonomia delle diverse discipline. Allo stato attuale, infatti, le scienze sociali e umanistiche si trovano ad affrontare gravi tagli economici nelle loro facoltà e questo rischia di minacciare il ruolo che queste discipline ricoprono in termini di portatori del dialogo democratico di stabilità sociale.
(Fonte: C. Mariani, www.universando.com 17-01-2012)